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Silvia Castellani

Tra l'essere e il fare, c'è di mezzo il pensare

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C’è chi dice ohi

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aprile 18th, 2010 Posted 09:52

Ho una certa abitudine. Dico “Ohi!”. Lo dico quando incontro qualcuno per strada o quando rispondo al telefono o anche quando devo scuotere un altro essere umano in senso fisico-spaziale. Questo mio “ohi!” sta per ciao e per “ehi, come mai non dici niente, tutto bene?”Mi è sempre andata liscia fino ad oggi. Un paio di giorni fa, al telefono (uno dei miei tre canali privilegiati per dire ‘Ohi!’), un amico ha trovato il coraggio di chiedermi apertamente: “perché quando rispondi al telefono dici sempre ohi? E’ orribile – ha detto -. C’era una tipa con cui ho smesso di uscire perché diceva sempre ohi”. Ho risposto: “anch’io conoscevo una che ha smesso di uscire con un tipo perché diceva òppala e oppalalà tutte le volte che si accomodava a sedere”. Sono futili motivi, gli intercalari.”E quindi?” “E quindi niente, lasciami tranquilla di dire ohi. Come pure ‘vieni oltre’ e ‘lascia pur dire’”. Questioni di geografia. Il fatto è che qui a Bologna dove ho deciso di venire a vivere, l’ohi, nel senso di ciao, non è contemplato. Non si dice. Non fa. “Qui a Bologna non fa dire ohi!” Qui a Bologna ohi si dice per intendere “ma certo”, “eccome”,  “certo che sì”, ma non per dire ciao. Ma io sto importando lo slang rivierasco dove ohi, a mo’ di saluto, si dice. Si dice “un bel po’ un bel po’” come direbbe il Pesarese. Figurati se io che ho passato i miei primi trentun anni a dire ohi, al posto di ciao, ci rinuncio perché cambio domicilio. Anzi, dovessi trasferirmi a New York, continuerò a dire ohi, al posto di hi! all’inizio di tutti i miei scambi interpersonali. Mi voglio rovinare, dirò ohi anche al posto di well. Se non è cool, pazienza. Lo dico lo stesso. Dopo un anno buono di permanenza qui a Bologna, prima che quel mio amico mi dicesse apertamente che ohi non gli sembrava un bella parola da dirsi, ho totalizzato: una cinquantina di prese per il cool, una trentina di sorrisi di circostanza e una decina di seguaci , fermi ripetitori dell’ohi. Ma veniamo ai pezzi grossi: ‘vieni oltre’ e ‘lascia pur dire’, ognuno dei quali ripeto almeno dieci volte al dì. Per me è normale dire al prossimo di venire oltre. In quel della riviera donde provengo, mi hanno sempre capita. Tutte le volte che ho detto al prossimo di venire oltre, l’effetto sortito è stato un avvicinamento. Non è che il prossimo in questione sia passato attraverso, al di là, o mi abbia chiesto le intenzioni. Si è avvicinato, basta. Nel bolognese la questione è un po’ differente. Quando dico al prossimo ‘vieni oltre’ e ‘lascia pur dire’, non mi dà retta, si mette a ridere interrogativo. Conclusione: mi arrendo al mio vocabolario e mi adopererò quotidianamente per le allegre accettazione e comprensione in Emilia dei simpatici tre: ohi! come hi!, vieni oltre e lascia pur dire.

"Testa di cavolo" - Foto di Silvia Castellani