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Silvia Castellani

Tra l'essere e il fare, c'è di mezzo il pensare

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SBATTI GENERATION

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gennaio 20th, 2010 Posted 11:01

A giugno del 2008 terminai di scrivere il mio secondo libro. Lo proposi subito ad alcuni editori che lo rifiutarono. O meglio, rifiutarono una pubblicazione completamente gratuita. Allora il libro rimase un po’ lì a pensare, finché, nel corso del 2009, mi convinse a farsi ripresentare ad alcuni altri editori. Anche questi seguirono l’esempio dei primi. Dunque il libro, stanco di andare a zonzo a chiedere cosa si pensasse di lui, mi ha chiesto in questi giorni, come originariamente promesso se non si fosse trovato un editore disposto a credere in lui, di pubblicarlo su questo blog. E io lo accontento e mi accontento, anche perché sto scrivendo un altro libro e, a dirla tutta, due « figli » che chiedono dalla mattina alla sera questo o quello, non sono in grado di gestirli. Perciò sono qui, ora, in data 20 gennaio 2010, a presentarvi questa mia opera che è un’operetta, un libro ironico ambientato in questi tempi duri per noi giovani. Si chiama SBATTI GENERATION e racconta di un tipo di nome Marcello che vuole fare il pensatore cre-attivo, ma nessuno, come c’è da aspettarsi, lo prende in considerazione. Poi c’è la Luana, una tipa piuttosto intrippata con le questioni d’amore. Ci prova, insomma, ma pure lei mica ha un gran successo con gli uomini… E infine, c’è un certo Silvio Emmanuele che è un bambino di otto anni, depositario di una grande verità, quella dello SBATTI. Poi, chi c’è ancora? Bé, ci sono i magnifici del circo rivierasco dove è ambientata praticamente tutta la storia, c’è un cane di nome Pertini, un nano, un muratore quasi muto, un domatore di leoni, un letto cinese e un militare depresso. C’è una piantina che non viene mai annaffiata e dunque ha assunto un’aria da salice piangente, c’è Hillman, Scrat e la ghianda. Ma soprattutto c’è il codice della mia anima, che ha voglia di esprimersi e dà voce ad una fervida immaginazione da cui originano costantemente storie e personaggi. A questo punto vi invito a leggerlo questo libro e magari, se vi è piaciuto, a consigliarlo ai vostri amici per almeno quattro buoni motivi :

è gratis

è corto

è divertente

è attuale

Veniamo al dunque: avevo pensato di inserire quei servizi di donazione libera. Tradotto: se vi va di donarmi un euro tanto per gratificarmi visto che scrivere è la mia passione che significa pure sofferenza, lo accetto volentieri. Poi, però, ho ritenuto preferibile affidarmi al buon vecchio caro baratto, io do una pecora a te e tu dai un lupo a me. Forse un lupo no, diciamo quattro capponi, dai. Allora la nostra modalità sarà questa: io do le mie parole a voi, voi quando ci vediamo mi pagate da bere (si va dal caffè all’aperitivo, ovviamente, perciò attenti all’orario in cui mi invitate perché i costi delle mie ordinazioni variano, in genere aumentano sul far della sera). Altrimenti, per i più romantici, scambiamoci le emozioni: donate una moneta a un artista di strada, quando lo incontrate sul vostro cammino, perché anche io sono tale perciò, donando quella moneta all’artista incontrato sulla vostra strada, è come se l’aveste donato a me.
Scegliete liberamente. Scegliete in coscienza. Io mi fido di voi.

Silvia C.

Sbatti generation

Premi qui per scaricare il libro

IL VIDEO del post QUELLO CHE VEDEVO

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gennaio 2nd, 2010 Posted 17:00

Inauguro il 2010 con una nuova trovata: il video del post intitolato:

“QUELLO CHE VEDEVO”

Quello che vedevo erano le mie orme sulla sabbia, un triste andare incerto. Le orme erano più grandi dei miei piedi o almeno così io vedevo. Poi ho avvertito le onde del mare e mi sono distratta. Mi sono girata verso la spuma e ho voluto bagnare i miei piedi. Le orme no, non potevano essere toccate, erano più in alto. Non le raggiungeva la spuma. La spuma non le raggiungerà mai le mie orme, ho pensato. Mi chiedevo se davvero quelle fossero le mie orme. Non sembrava, ma di lì ero passata solo io. Quello che vedevo. Non vedevo nessuno a piedi davanti a me finchè ho visto una barca di legno giallo e blu e un vecchio anche, con il cappello in testa, seduto sulla barca. Non era proprio un vecchio, era un uomo di mezza età. Sembrava cattivo allora ho fatto finta di niente ma lui mi ha chiamata ed era l’imbrunire. Non ci vado, ho pensato a testa bassa. Non mi fido. Vieni qua, ha detto lui con gli occhi che io ho solo immaginato. Era il mio pensiero. L’uomo mi ha ordinato di sedermi davanti a lui, ai piedi della barca e ha detto “Io sono il tuo pensiero”. Io l’ho abbracciato anche se non lo conoscevo e poi abbiamo deciso di camminare insieme, ma non uno di fianco all’altra. Abbiamo deciso che lui avrebbe camminato davanti a me per aprirmi la strada e proteggermi e io l’avrei seguito ad occhi chiusi. Quello che vedevo. Poi dopo, quando ho chiuso gli occhi e non ho più visto, ho deciso che mi sarei fidata per sempre delle orme del mio Pensiero.

E’ il momento di raccontare questa storia

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agosto 7th, 2008 Posted 17:56

Un giorno di tanti anni fa, ho scoperto che in questo mondo c’è più di una Silvia Castellani. Poi, un altro giorno, non troppo tempo fa, ho scoperto che c’è anche più di una Vera Mente. Avevo immaginato entrambe le cose. Ma immaginare è un conto. Scoprire è un altro conto. L’importante è capire che ognuno di noi ha un proprio spazio e, soprattutto, un proprio tempo. L’avevo detto che sarei tornata sull’argomento. Per quanto riguarda il tempo di Silvia Castellani, finalmente è iniziato. Il tempo di Vera Mente non è soggetto a definizioni. E’ ovvio che io stia parlando di quelle Silvia Castellani e Vera Mente che mi coinvolgono in prima persona. Le altre, tutte le altre, non mi riguardano.

Ora andrò sul personale, perciò i deboli di intelletto nonché di cuore, si allontanino da qui.

Ho rimandato il racconto di questi fatti per un po’ di tempo, ma adesso sento che è arrivato il momento. Sono pronta.

Non riuscirò a raccontarli come dovrei, già lo so. Ma voglio provarci.

Dobbiamo ricorrere alla storia. Alla mia storia che inizia con un nome impegnativo, uno di quei nomi che non capisci se riuscirai a sostenere perché dietro a quel nome si nasconde una vita troppo bella perché tu possa accettare di viverla. Perché le cose bellissime fanno paura.
Così ricorro a un alter ego, che decido di chiamare Vera Mente e grazie a lei trovo il modo per iniziare a viverla, quella mia vita. Il modo che trovo si chiama scrivere.

Passa un po’ di tempo. Il mio primo libro, quello che ho firmato come Vera Mente, è appena uscito nelle librerie, ma io non sono ancora io. A un certo punto parto. Vado in Africa. Lascio scritto che parto. Prima di prendere in mano la valigia, quella mattina riguardo il sito di Vera Mente e sento che durante quel viaggio succederà qualcosa di « definitivo ».

Ma cosa è accaduto in quel mondo lontano e in quel tempo che avverto come appartenente a un’altra vita ?

Racconterò per immagini, come fosse un film…

Una donna bianca sta scappando perché la sua mente ha visto qualcosa che non è in grado di comprendere. Qualcosa che sfugge alle normali logiche, qualcosa di mostruoso e insieme grandioso.
Un uomo nero la insegue, le urla di fermarsi, di spiegarsi, di calmarsi fino a quando la afferra e la immobilizza perché da sola, in qualche modo oscuro, si ammazzerebbe. La donna bianca, sprigionate tutte le energie di cui è dotato il proprio corpo, perde i sensi e cade in un sonno che sa di sogno misto ad incubo.
L’uomo nero è sempre lì, non la abbandona mai.
Intanto dall’altra parte del mondo, un padre sta partendo per l’Africa. E’ stato chiamato d’urgenza. Gli hanno detto che sua figlia sta molto male.

Non so più nulla. Ora è tutto un susseguirsi di immagini bianche, vuote. Non ci sono colori, né forme, né suoni.

Poi il film ricomincia. Ricomincia mentre qualcuno carica la donna bianca sull’ambulanza. L’ambulanza si trova miracolosamente nella giungla, perché poche ore prima, in un villaggio vicino a quello dove ora la donna bianca sta lottando fra la vita e la morte, un bambino è deceduto. Accanto a lei, c’è sempre l’uomo nero di prima.

Adesso c’è un’ambulanza che viaggia veloce verso la città. Fino a quando si ferma di fronte a una casa. E’ un ospedale.
L’uomo nero, dopo le cure d’urgenza in ospedale, porta la donna in un albergo e inizia a vegliarla.

La lava, la nutre, le dà le medicine che le hanno prescritto. La mantiene cosciente.

Dopo un tempo non quantificabile, lei si sveglia e interroga l’uomo nero su quanto è successo. L’uomo nero le risponde soltanto : « Silvia, sei stata molto male. Sei viva per miracolo ».

Quando arrivò, un paio di giorni dopo, mio padre, la cui espressione non riesco a ricordare, disse solo : « vieni, ti riporto a casa ». Ricordo la sua voce. Una voce che non sapevo mio padre possedesse.

Ho pensato molte volte e molto a lungo a quei giorni. Ho pensato a quell’uomo nero che in qualche modo mi ha salvato la vita. Ho pensato a mio padre che è partito su due piedi, pronto per attraversare il mondo in nome dell’amore per me. Ho pensato che se mi ero salvata, un motivo doveva esserci. E il motivo doveva essere importante.

Ora sono tornata alla mia vita. Non ho più molte pretese. Non come un tempo.

Ora mi basta vivere con la consapevolezza di chi sono veramente: Silvia Castellani.

Il sito www.vera-mente.it non è stato più aggiornato. Rimarrà così, una tappa della mia Leggenda Personale.

L’emozione non ha voce…

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agosto 3rd, 2008 Posted 15:26

Dovevo scrivere ieri. Dovevo scrivere ieri quando in me si agitavano i sentimenti. Non l’ho fatto per stanchezza, pigrizia. Stanchezza, pigrizia e qualcos’altro, che ora la definizione giusta non mi viene perché dovevo scrivere ieri.

Ieri, l’avrei avuta.

I libri in spiaggia. Si portano.
I libri in spiaggia a Riccione si portano.
Noi ci abbiamo provato. Ci abbiamo creduto e abbiamo fatto bene.

Poche persone si sono fermate, anche solo per un minuto, ad ascoltare quell’emozione che ancora in spiaggia non ha voce. Ma si sono fermate e alcune hanno addirittura ascoltato.

Erano tre le eccezioni.
Tre donne in particolare che hanno deciso di stare con noi dall’inizio alla fine, lì, in spiaggia, di pomeriggio, ad ascoltare musica e parole.

Una di queste donne era giovane. Avrà avuto la mia età. Aveva una bambina piccola con sè, una bambina piccola che si avvicinava e si allontanava, in silenzio, senza disturbare. Senza urli, pianti, capricci. Senza niente di tutto ciò che troppo spesso si vede.
Ho pensato che quella fosse l’immagine più bella che avessi visto durante tutta la giornata, fino a quel momento.
E comunque, tale è rimasta anche dopo. Era difficile superarla in intensità.

Ieri avevo un sacco di cose da dire, perché c’erano molti sentimenti contrastanti dentro di me. Di quei sentimenti che ti fanno sentire viva, che quando ti trovi a provarli così, tutti insieme, ti devi mettere a scriverli perché se rimandi al giorno dopo non li ritrovi più.

A Spiaggia 61 c’eravamo Marco, Marcello e io, ieri, che ci abbiamo creduto e abbiamo fatto bene.
Ci vuole coraggio per fare cose che si ricordino.
Abbiamo portato i nostri libri e la nostra musica in spiaggia, anche se non sono ancora maturi i tempi per quell’emozione che ancora lì non trova una voce compiuta.

Evito di ringraziare a destra e a manca. Solo grazie a Marco e Marcello, due veri moschettieri.

Nella foto: Enrico il bagnino, io, Marcello Cantoni e Marco Montanari.

E… due a Villa Mussolini

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luglio 23rd, 2008 Posted 18:03

Andrea G. Pinketts è ripartito ieri da Riccione per andare al Giffoni film festival dove verrà presentato « Zoe », il film a cui ha preso parte come attore nel ruolo di principe. La regia è di Giuseppe Varlotta.
Anche quest’anno siamo tornati insieme sul luogo del delitto, ovvero Villa Mussolini. I ruoli però erano invertiti. Quest’anno sono stata io a introdurre la presentazione del suo ultimo libro « La fiaba di Bernadette che non ha visto la Madonna ».

E’ stata anche un’occasione per conoscere meglio Fabio Avanzolini che definiremo, per brevità, direttore artistico di un noto hotel di Cattolica. E’ stato strabiliante nelle sue performances, sia sul palco, sia dopo, in discoteca.
Cosa dire? Forse solo che, come sempre, è stato bello avere incontrare Andrea G. Pinketts il quale, proprio un paio di giorni fa, qui a Riccione, ha detto di sé : « Sono un anarchico situazionista ».
E guai a chi dice situazionalista!
Nella foto, scattata ieri in un ristorante di Cattolica: Andrea, Fabio e io.