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Rullo di tamburi
dicembre 11th, 2009 Posted 17:07
A volte succede. Succede che la mia testa venga rapita da pericolosi pensieri alieni. Il corpo la segue per mantenersi integro. Quindi la testa va e il corpo dietro. Se il corpo evitasse l’ingrato inseguimento, i pensieri alieni troverebbero il modo di farlo fuori. Quando capita, non ci si può far niente. Si può solo arrendersi. Ora, tenere questi delitti letterari chiusi a chiave nella galera di un cassetto tarlato mi fa sentire poco sicura, perciò oggi ne libero uno e lo do in pasto al prossimo. Che lo sbrani, per cortesia, così i pensieri assassini magari si stancheranno di fare incursioni nel mio cervello. Luogo, tempistica del delitto e ripercussioni fisiche : bagno di un noto locale notturno, occupazione dello stanzino per ben 5 minuti di orologio. Quando sono uscita, il mio corpo ha rischiato il linciaggio. Il mio corpo, spesso, in preda a pensieri assassini, viene brutalmente trascinato nei bagni dei locali notturni e costretto a commettere delitti letterari.
Delitto letterario n°1 – RULLO DI TAMBURI
Tamburi assordanti alle mie orecchie che ascoltano un playboy che entrato nel bar dice : ‘desso ti racconto cosa è successo ieri al Flamengo di Modena. Eh, stamattina volevo dire. E’ un playboy ruspante che con stile si autosuggestiona bevendo wow, liquore all’uovo. Mentre i tamburi sfrecciano a settanta miglia all’ora con le loro bacchette magiche, sulle flatulenze dei tergicristalli che non funzionano. Cappelli neri sopra voci roche che imitano Milano, quella da bere e da fumare con uomini dalle cravatte colorate a pendere da maschere interdette. Guarda il tamburo come sta appoggiato ai bulloni e ai piatti d’oro che ogni volta si infrangono senza spaccarsi in mille pezzi. Fatti a sedere. Bronser sta alla batteria con il bicchiere vuoto e punta i piedi sperando che Romuy gli serva un Manhattan. Schiocco e piovono ordinazioni allo zero assoluto. Lei sì che se ne intende – dice il cameriere mentre osservo il ritmo tribale che un tempo ho amato e ora mi confonde negli umori del vino che due volte è stato versato. Sai, ora che scrivo di te voglio solo dimenticare, mentre un uomo fa finta di ribaltarsi sulle mie (dis)grazie. Adesso io mi becco la giovane, sta pensando e la tardona al mio fianco lo guarda lievitare in caduta libera. E sembra l’africa nera più che mai, quella che fai fatica a raccontare senza svenire. La confusione non si dirada, le braccia paiono polpettoni e qualcuno dietro la porta urla vieni a ballare con me. Dance with me. Gli piacciono le conquiste difficili e mi guarda negli occhi. Io gli dico aspettami tesoro che sto per essere servita, ma intanto non ci sto più dentro. Il conto è tutto da pagare e qualcuno ha chiamato i carabinieri. Congelata sono coperta da una coltre bianca. Jazz? Non ne sono sicura ma è questo che sento fra i tamburi di battaglia e l’energia di un corpo in movimento. Portami a ballare dico, uno di quei balli antichi che nessuno.. Questa serie è dedicata agli esercizi di stile, ai doppi sensi, ai tripli, ai suicidi per errore. Ai lupi. La mela ti ha strozzato quando tu la succhiavi e tua madre ti ha picchiato sulla testa. Il pollivendolo spaventato per l’influenza aviaria si è buttato sotto al treno e un avvocato ubriaco è caduto dal ponte. E’ morto il vecchio che cercava di salvarlo. Si è salvato l’avvocato. L’infelicità è dovuta al mio carattere. Mi incontro per piangere.
Un giorno ti sparerò accidentalmente alle gambe caro e qualcuno busserà alla porta delle mie dita sensibili. Poi non opporrò resistenza anche se nell’arma saranno rimasti due colpi. Ma ora è tempo di ballare mentre il desiderio si muove nell’antro del mio respiro pesante. Il gallo che canta è compreso nel prezzo. Dopo la croce a sinistra, vai a destra – dice. Questi del corto arrivano che è tutto finito – dico io. Adesso raccoglimento e pausa musicale. Oggi la nebbia agli irti colli piovviginando sale. Una corda vibra in mezzo alla membrana. Quante leghe sono ? Il saggio – dice. E chi è il saggio? Sono io – dice. Vedi, in mezzo agli occhi ho il terzo occhio. Se chiudo gli altri due, forse vedo. O sei un ciclope? – chiedo. Sì. E la farfalla dall’ala spezzata cade nel suo zainetto lucido. Te lo dico, va a finire a schiaffi, qui. Te lo dico. Parole sconesse e pseudoimprecazioni di Bronser che apre le braccia e sa che è sempre lì con tutto quel che ha : corpo e pensiero. Dammi due tiri così ti do tregua e prendi il respiro. Ma che respiro prendo, saggio, che l’aria è viziata. Io sono un macaco e tu un cane rabbioso.
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