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Silvia Castellani

Tra l'essere e il fare, c'è di mezzo il pensare

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A proposito di “Quando cadono le stelle”

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aprile 24th, 2017 Posted 14:55

È bellissimo. Punto. Sarà forse un aggettivo banale “bellissimo”, ma è questo che penso mentre ripercorro nella mente tutte le storie che compongono il romanzo, storie che sono pezzi di Storia circondate da una fluidità narrativa che poche volte si ha il piacere di incontrare. Lo dico da lettrice forte. Tra tutte le “Stelle” che ci vengono raccontate nel romanzo, Cary Grant e Rosemary Kennedy occupano un posto privilegiato nel mio firmamento privato; la mia anima, infatti, non ha potuto trattenere le lacrime quando si è ritrovata trasportata in quella clinica psichiatrica davanti all’anziana signora e all’uomo “da copertina” che dopo molti anni, di nuovo poteva essere Archie. La stessa emozione “sconquassante” l’ho provata davanti a Rosemary, alla sua ribellione di donna “troppo”, per i tempi in cui si è trovata a vivere; le sue crisi di ansia oggi sarebbero all’ordine del giorno, oserei dire con una semplificazione estrema, che però rende bene l’idea di quanto, solo fino a pochi decenni fa, un uomo di famiglia poteva decidere delle sorti della tua vita di donna, madre, moglie, sorella, figlia, che forse era solo un’appendice della sua, Vita di Uomo. Ecco perché direi a gran voce a quelle donne che hanno l’ardire di sussurrare che si stava meglio una volta, che non è vero, che non lo dicano nemmeno per dire, neanche per lamentarsi tra sé e sé a bassa voce, che poi magari si convincono di una illusione e non è mai bene convincersi di un’illusione. Come Sue, che non ha saputo riconoscere la sua occasione in carne ossa, privilegiando un’idea vecchia, quell’idea da sempre responsabile della sua immobilità, del suo pavido pensare che “qui non succede mai niente”. Ma adesso come posso non citare Hernest Hemingway, il più grande, il più coraggioso, il più fragile, la “Caduta” per eccellenza, per quel legame atavico che non si è mai spezzato, nemmeno nel momento dell’addio alle scene di questo mondo? Dovevano essere due, penso ora, le “Stelle” più care alla mia anima, ma a poco a poco mi accorgo che si fanno spazio tutte, una dopo l’altra, nel pensiero ancora eccitato dalla lettura appena (ri)conclusa (l’ho letto già due volte), ché nessuna Stella vuole essere tralasciata, dimenticata. E allora avanti Picasso, Poe, Kafka e Salinger, sono pronta a rileggervi da capo, ad ascoltarvi di nuovo, attraverso la Penna di Gian Paolo Serino, di cui da tempo seguo i consigli di lettura e che oggi scopro ottimo scrittore. E lo ringrazio per i pensieri che con questo libro mi ha suggerito, per le emozioni che mi ha regalato. Con le emozioni. Sì lo so, “non dite mai a uno scrittore che il suo libro è emozionante” – prendo a prestito il pensiero di King a pag. 164 di “Quando cadono le stelle” -. Non lo dico, infatti. Continuo a dire, semplicemente, che questo libro (edito da Baldini&Castoldi) è bellissimo. Ché dice cose del “grande show di uomini e donne” che (rac)chiude un finale di tutto rispetto, non foss’altro per le autentiche righe dell’ultima pagina.

Gocce di luce