I miei deliri notturni – parte seconda
Delirio n°1 – 24 settembre 2010 – Alcuni non me li ricordo. Sul serio. Ma l’ultimo della serie che mi è tornato in mente ora, mi pare il caso di scriverlo. Ero al lavoro in ufficio e tutti i tavoli erano apparecchiati con i tappetini verdi del Casino’. Insomma, si era ai tavoli da gioco, seduti. E si parlava di case da vendere o da comprare. Si parlava di affari. Anche le case di cui si parlava dovevano essere verdi. Verde acqua, per l’esattezza e da dove eravamo seduti si vedevano queste case perché i tavoli erano parzialmente all’aperto. Alla spiegazione, si univa la vista della questione da affrontare. Eravamo sul campo. Non mi ricordo se ho parlato, forse ho detto qualcosa, ma non era importante. Avevo però la sensazione che, in qualche modo, pur non essendo particolarmente interessata al colore verde di cui si discorreva, la cosa mi riguardasse da vicino.
Delirio n°2 – 14 novembre 2010 – Quest’anno ho delirato poco, ma sento che il riscatto onirico è vicino. Stanotte ho sognato la mia parrucca rosa che però era diventata nera, in un locale. Ero in discoteca e ho detto al mio fidanzato: “ecco, vedi, i capelli si sono già sporcati. sono unti”. Ed era la parrucca. Io pensavo: ma com’è possibile, mica ho la fronte unta, e poi io l’ho comprata ieri questa parrucca, perché è già sporca? E poi, ritornerà rosa? Ma, soprattutto, perché mai l’ho tinta di nero che la volevo rosa? Mi chiedevo tutto questo, aggiustandomi la purrucca unta e intanto ballavo. Ero in discoteca ormai e dovevo divertirmi.
Delirio n°3 – 22 novembre 2010 – C’era un’unghia staccata di anulare di uomo, sinistra, e la persona se la rimetteva a posto e poi ricominciava a suonare la chitarra, ma più piano. Io ero ad un esame lungo un corridoio con tavoli e sedie delle elementari. Ho visto un amico di mia sorella, l’ho raggiunto e mi sono accorta che erano tutti uomini a dover sostenere il concorso. Gli ho chiesto perché e lui ha risposto: “Al primo turno è sempre così”. Mi sono seduta e accanto c’era mia sorella. Ho iniziato a leggere un codice molto fitto, perché non avevo idea della materia e non avevo studiato. Ero come in gita da quelle parti. Comunque meglio della notte prima che ero in Afghanistan e stavo chiusa in una grotta e dovevo guardarmi da un tipo di nome Danger che, guarda a caso, mi voleva uccidere. Ma c’era un gran figo lì, vestito in stile inglese, che mi proteggeva. Proteggeva me e altri. Ed era fatto a cartone animato.