Archive for the ‘Senza categoria’ Category
Questione di intelligenze
ottobre 8th, 2008 Posted 17:55
Ascoltavo oggi su una tv locale a proposito delle varie forme di intelligenza. C’era una psicologa che si dava da fare a spiegare ai telespettatori quali fossero i vari tipi di intelligenza. Secondo la teoria più diffusa, pare che siano sette. Per fortuna. Chissà, se fosse vero, come si spiegano tutti gli stupidi in circolazione. Io da profana faccio prima, decidendo di riconoscere solo due forme di intelligenza. Una prima, che per comodità definirò « da testo ». Una seconda, che chiamerò “umanitaria“. Ho operato su due piedi questa divisione fra intelligenze qualche mese fa, per necessità consolatoria, quando mia sorella mi disse, dopo essere stata bocciata per tre volte di fila allo stesso esame universitario : « non so se continuare. Forse non sono abbastanza intelligente ». Le risposi che uno straccio di laurea ormai ce la fanno tutti a prenderla. Basta studiare. Basta accumulare nozioni. Basta guardare la sottoscritta. Il problema vero ce l’hanno quelli, sempre in aumento purtroppo, che non sanno stare in mezzo alla gente, che non sanno non tanto comprendere, quanto accettare il diverso. Che, per farla breve, non sanno confrontarsi con individui di un’altra cultura, di un’altra istruzione, di un’altra religione, di un’altra idea che non sia la loro. Per questo anche, siamo costretti ad assistere ad episodi di razzismo. Per una questione di mancata intelligenza. Quella « umanitaria », quella principale senza cui tutte le altre, presunte o reali, sono monche.
Tags: forme di intelligenza, intelligenza, laurea
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Come fossimo nel castello dei destini incrociati
ottobre 7th, 2008 Posted 17:52
« Ormai quando si parla con qualcuno è difficile farsi ascoltare. Gli occhi della persona che hai di fronte spesso sembrano un buco nero. Anche un cretino capirebbe che il cervello, nel retrobottega, sta lavorando per conto suo. La maggior parte dei neuroni pensa a qualcosa di brillante che il proprietario vorrebbe dire, altri alle cose che deve fare, acquistare, vivere. Sono conversazioni allo specchio. Mute come quelle della locanda di Calvino, e senza neanche i tarocchi. E ciascuno, in questi disperati soliloqui, finisce col parlare di sè. L’altro non ascolta e dunque, in definitiva, parla di sè da solo. Miliardi di io bonsai vagano senza meta, cani perduti senza collare. Almeno io ho fatto un passo avanti. Parlo davvero con me stesso. E mi rispondo ».
Tratto dal romanzo « La scoperta dell’alba » di Walter Veltroni.
Tags: alba, castello, destino
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Metrosexual
ottobre 1st, 2008 Posted 14:38
Metrosexual. L’uomo moderno, in particolare quello metropolitano, sta diventando sempre più metrosexual. Sono ormai un lontano ricordo i tempi in cui imperava la celeberrima “l’ommo ha da puzzà”. E per fortuna, aggiungo io. Ma l’idea che gli uomini possano andare oltre al “fighetto” mi inquieta. L’uomo metrosexual, infatti, è edonista e sexy e adotta vezzi che sono più propri della donna. In parole povere, non è escluso che si possa anche truccare. Gioielli, lampade e depilazione? Certo che sì. Allora mi viene da pensare ai miti greci. Che cazzo c’entra? Potreste pensare. Vi faccio subito un nome: Narciso. Chissà che non sia stato proprio lui il progenitore degli uomini metrosexual di oggi. Non è finito un granchè bene lui, poveraccio. Ma del resto, i nostri sono altri tempi. Tempi in cui gli uomini sono confusi e intimoriti dalla donna, questa entità spesso in carriera che non ha più tempo per la famiglia, che non sa più cosa sia la femminilità, la dolcezza, la pazienza e via dicendo. Si sono scambiati i ruoli, si sono scambiati gli stili di vita. E, allora, perchè non scambiarsi anche il guardaroba e i cosmetici? Meditate, gente. Meditate sugli usi, sui costumi e sulle tendenze che altro non sono che lo specchio delle nostre evoluzioni mentali dettate dalla paura che sempre accompagna il progresso sociale. O il regresso?
Tags: metrosexual, Narciso, specchio
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E’ tempo di liberare la parola (vegeto, ergo sum)
settembre 26th, 2008 Posted 10:48
Questa vita addosso, è tutto quello che posso, quello che ho.
Il sentiero dei nidi di ragno non l’ho mai percorso; ho paura non tanto dei ragni, piuttosto dei sentieri.
“Piuttosto che” viene usato a sproposito, per accomunare cose equivalenti. In realtà indica una preferenza data a una cosa rispetto a un’altra.
La cosa che mi affanna più di ogni altra è un poster raffigurante un uomo distinto a cui ho coperto gli occhi con la foto di un tramonto.
L’alba più bella è quella che non si può vedere.
Guarda dentro di te. La risposta che cerchi è dentro di te. Peccato che è sbagliata. Ha detto qualcuno.
Ho deciso di eliminare il pensiero cartesiano. Prima del cogito, per l’essere, c’è il dubbio ma ancora prima c’è il fermarsi. Per rinforzarsi, crescere. Perciò l’origine è “vegeto, ergo sum”.
L’Amleto mi evoca la morte. La risposta alla domanda da cento milioni di dollari è non lo so, perché questa vita non mi permette di interrogarmi sulle cose troppo profonde. Sant’Agostino usò queste parole in risposta a chi gli chiese cosa faceva Dio prima di creare il mondo. “Prepara l’inferno per quegli uomini che si interrogano sulle cose troppo profonde” . Così disse. O almeno credo. Che sia.
Non sono all’altezza di morire. Devo vivere. “Se senti il dovere di fare una cosa, devi trovare il coraggio di farla”. L’ha detto la mamma di un noto politico al proprio figlio (questa l’ho sentita in tv) prima che fondasse il suo partito. Mi fa ridere questa cosa, eppure è serissima.
Le cose che mi hanno meravigliato di più nella vita sono state quelle piccole e improvvise come una foglia che cade o il ritrovamento di poche parole che non ricordavo più di avere scritto. Lampi di follia, come li definirebbe Dostoyesky il cui nome è troppo difficile per scriverlo correttamente.
Una volta ho raccolto un gatto vicino a un cassonetto e ho sperato che si trasformasse in un bambino. Piangeva.
Le ultime lacrime che ho versato appartengono a una vita che non è più mia. Ci ho rinunciato per paura di non riuscire a sopportarne la bellezza.
La bellezza reca in sé una brutalità primitiva ma non la avvertiamo quasi mai perché il nostro cuore non è puro.
L’amore non è appannaggio degli uomini. Questi conoscono perlopiù le passioni che per loro natura passano.
Il tempo per me è circolare. La linearità della concezione moderna non mi tange e questo è il motivo per cui qualcuno mi interpreta come una presenza fuori dal tempo. Ho vissuto l’epoca del surrealismo e ne sono uscita indenne nonostante mi sforzi di fare finta che non sia successo.
I soldi, la fama e il potere non sono che concetti comodi e rassicuranti che associo all’insostenibile leggerezza del non essere.
Montedidio è il libro più bello che ho letto e mi rammarico di non averlo scritto io. Per scrivere Montedidio avrei dovuto essere un’altra persona. Sicuramente migliore.
Quando il mio corpo si unisce a un altro corpo confluisco in un mondo parallelo dove non sempre riesco a portare l’anima dell’altro e allora la mia anima e il mio corpo si incontrano di nascosto per piangere insieme. Nessuno se ne accorge.
Ho pensato a un quadro di Kandinsky. Si chiama il cavaliere azzurro e mi rappresenta. Avrei potuto essere una principessa o una pazza, poi un giorno qualunque sono salita in sella ad un cavallo alato perché era necessario combattere e così sono diventata un bellissimo cavaliere solitario.
La strada su cui cammino è stretta e sterrata ma ho motivo di credere che sia quella giusta. Non credo nelle leggi del parlamento perché in tutte le cose cerco l’essenzialità.
Una volta ho scritto una frase che non sarò mai in grado di spiegare. La frase è: ho ascoltato la Legge e i Profeti ma io conosco nell’oscurità interpretazioni diverse. E’ la prima volta che la condivido. In fondo, era ora che lo facessi.
La bandiera dell’unicef che mi pende davanti agli occhi non ha diritto di sventolare finché ci saranno ancora bambini che muoiono di fame. Non a caso tra i versi più famosi dell’inferno di Dante c’è questo: Poscia, più che ‘l dolor poté ‘l digiuno. Che una mia amica confonde con quello della canzone ‘Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers’ di Fabrizio De Andrè dove al dolore è sostituito l’onore.
Silvia Castellani
Tags: Kandinsky, liberare, parola, Sant'Agostino
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Resistere. Anche alla morte
settembre 25th, 2008 Posted 14:18
Questa mattina sono andata al podere del nonno ad aiutare per la vendemmia. Poi si è messo a piovere. Ma io sono riuscita lo stesso a fotografare un piccolo nido costruito nel bel mezzo di una vite. Non mi hanno fermato nè il fango che faceva sprofondare i miei piedi, nè le lacrime del cielo.
Dal mio diario – 29 gennaio 2007
Sono qui perchè mio nonno è morto. Penso che mai come in questi momenti, ognuno di noi potrebbe mostrare a pieno il suo dentro. E’ morto mio nonno e io non penso niente. Qualcuno dice che è rigido. Si riferisce alla temperatura esterna. Io penso a quella corporea del nonno. Mi aggiro per la camera da letto dove stanno scegliendo il suo completo funebre. Sto attenta alla cravatta. Mi pare di ricordare che lui amasse l’azzurro così insisto su questo colore. Non sono d’accordo che lo vestano tutto di scuro. In fondo, era un uomo allegro. E per la vita che si è trovato a vivere, un uomo probo. L’hanno trovato nel suo podere di campagna, steso accanto ai cavoli. L’hanno trovato solo accanto alla sua passione, alle sue viti, alla sua frutta. Lui quel podere l’aveva voluto con tutto se stesso. Rappresentava un rifugio, forse, e una speranza. Se avesse potuto scegliere, è proprio lì che avrebbe voluto morire. E credo anche che il fatto di essere solo, non gli sia dispiaciuto poi molto. L’ho visto l’ultima volta il 24 gennaio, il giorno dopo del mio compleanno. Mi aveva chiamata sul cellulare per dirmi che non si era dimenticato. Neanch’io, nonno, mi sono dimenticata. Neanche del grande orologio tondo di cui contavo i minuti in attesa che tu tornassi dal lavoro. Per fortuna che un orologio te l’abbiamo lasciato al polso, così potrai sempre tenere d’occhio l’ora del ritorno. L’immagine che ho di te e che voglio conservare è quella in cui siedi accanto al telefono grigio, appoggiato al termosifone, proprio sotto il grande orologio. Prima mi sono seduta sulla tua poltrona con le gambe accavallate proprio come ti posizionavi tu. Quando c’era un ospite. Quando c’ero anch’io. Mi ha fatto piacere scambiare due chiacchere l’altro giorno. Sono riuscita ad aggiornarti sul mio essere nulla. Mi sarebbe piaciuto che mi vedessi alla televisione o sposata. Non hai fatto in tempo ad essere fiero di me. E io non ho fatto in tempo a portarti a vedere i delfini. Ma un delfino dipinto è riuscito a guardare te, steso sul marmo. Soltanto ora mi ricordo di questo tuo desiderio, solo adesso che di fronte alla camera mortuaria vedo un delfino che spicca un salto dentro alla tela. Sono stata sciocca la scorsa estate a dirti che i delfini di Oltremare li avremmo visti insieme un altr’anno, sottovalutando che il tempo, alla tua età, è un attimo sfuggente. Non ho parlato abbastanza con te, ma le poche cose che so le ricordo perfettamente. La cavalla, la Francia, le botte che ti hanno dato quella volta che non ti sei voluto alzare in piedi quando il duce parlava alla tv. Tutto. Mi ricordo tutto. Anche i racconti della Russia. Sul tavolo di marmo, ti hanno messo fra le mani una croce e un rosario. Io avrei voluto metterti un vecchio disco di bandiera rossa e un santino di Berlinguer. Mi avrebbero cacciata dandomi della blasfema. La gente è molto stupida nonno, perchè non capisce che ognuno ha la propria fede.
Addio
Roberto Saviano ha detto : « raccontare è resistere ».
Tags: morte, raccontare, resistere
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L’onda perfetta
settembre 24th, 2008 Posted 18:38
Lettera datata 19 dicembre 2001
Carissima Silvia,
quest’anno come mai fino ad ora, forse, abbiamo bisogno di un Natale tranquillo e sereno e non solo per quello che è accaduto fuori dall’Italia ma, soprattutto, per ciò che è capitato a noi. L’ultima volta che abbiamo parlato, ti ho sentito molto giù, così triste che i tuoi occhi, prima delle tue parole, lo urlavano. E ti facevi una domanda a cui io non ho saputo rispondere : « perchè ? ». Ci ho pensato ancora, ma la soluzione non è arrivata e so che forse non la troveremo, perchè molte cose che ci circondano non sono razionalizzabili. Un giorno, mentre passeggiavo e riflettevo, sono capitata in libreria e ho deciso di regalarti « l’onda perfetta ». Se non ti piacerà, mi aspetto che tu sia come al solito schietta con me in modo da potermi rifare per il tuo compleanno.
Silvia, vorrei tanto rivederti un po’ più serena. Spero succeda presto.
Buon Natale
Con tutto il cuore
Lu
Ho appena finito di fare il cambio dell’armadio. Ho riempito almeno tre sacchi neri dell’immondizia con vestiti vecchi che darò a qualche associazione umanitaria. La prima di cui troverò gli appositi contenitori sulla mia strada. Finito il cambio dell’armadio mi è venuto in mente di aprire il primo degli otto cassetti della mia immensa scrivania. Ho fatto bene. Nei prossimi giorni aprirò anche gli altri e farò piazza pulita. Perchè sto dicendo questo. Perchè nella mia immensa scrivania riposano, non in pace, vecchi scritti, la maggioranza dei quali meritano di essere sepolti per sempre. Sepolti per sempre insieme ai vecchi dolori che li hanno prodotti. Ora sono in una nuova epoca e non c’è più spazio per loro.
Di questi scritti salverò solo la lettera della Lu che ho riportato in apertura. E’ un gesto simbolico per dire che finalmente sono sulla strada giusta per trovare la mia onda perfetta.
Tags: onda
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“Un amore definito, è un amore finito”
settembre 23rd, 2008 Posted 19:34
Di questi tempi mi sento « sintetica ». Rispetto a questo blog è questa la sensazione che provo. Per questo, qui, scrivo di meno. Ma non per questo scrivo meno. Sto scrivendo una storia d’amore. Una storia che renda onore ad un’amore speciale. Una storia d’amore fra due donne. Diciamolo pure : una storia lesbica. Non ho mire di pubblicazione a riguardo. Anche se mi piacerebbe che questa storia non si perdesse. Perchè è una bella storia, perchè è ispirata a vita vera e perchè l’omosessualità è ancora per molti, troppi, un argomento scomodo. Questa storia che sto scrivendo è un regalo. Un regalo per una persona che mi ha raccontato a sua volta una storia che mi è entrata dentro e che ho sentito il bisogno di rendere tangibile pur consapevole del mio limite ovvero non potere definire l’amore. Qualsiasi amore.
Scrisse Berthet : « un amore definito, è un amore finito ».
Tags: amore, definire, fine
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Qualcuno mi ha detto
settembre 19th, 2008 Posted 00:30
Qualcuno mi ha detto che non esistono solo il bianco e il nero. Mi ha detto anche che non esiste solo il grigio con le sue sfumature. Qualcuno mi ha detto che esistono i colori. Allora ho pensato che il nero e il bianco sono tutti i colori o nessuno. O il contrario. Non ricordo. Perchè in questo momento sono molto stanca e forse, ubriaca. Ho pensato che il bianco e il nero sono comunque colori. Ma tuttosommato non sono i miei colori. Non più gli unici. Se immagino un arcobaleno, scelgo il giallo e il rosa. Eppure un colore su tutti mi affascina perchè, non so come, mi appartiene. E’ l’oro. E così, adesso, immagino un arcobaleno tutto d’oro. Che diventa stella cadente…
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Come fossi senza sangue
settembre 16th, 2008 Posted 13:14
C’è qualcosa nell’aria. Qualcosa che mi immobilizza. Eppure le mie mani si muovono. Qualunque cosa succeda, le mie mani continuano a muoversi. Ma non qui. Non oggi. Non ora.
Si stanno muovendo sulla carta virtuale del mio cervello che naviga verso la terra promessa. E’ tutto molto vicino. Ed esatto.
« Se sei una conchiglia, è importante l’ordine. Se sei guscio e animale, tutto deve essere perfetto. L’esattezza ti salverà »
Alessandro Baricco (Senza Sangue)
Tags: sangue
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Parigi
settembre 11th, 2008 Posted 19:34
Parigi
Parigi, nella notte, mille luci
Un uomo cammina solo. Nessuno che si volti ad ammirare.
Eppure se potessero sapere la leggenda che cammina per le strade, tutti vorrebbero toccare le mani di quell’uomo dal cappello scuro appoggiato su uno sguardo perduto ad inseguire le sembianze del mistero.
Parigi, nella notte, poche luci.
Una donna ferma in un bar di poche pretese che chiede come si fa a fare della paura un pensiero
Nessuno che si preoccupi di guardare
Eppure se potessero capire il peso specifico del dolore che cade lieve come un fiocco di neve su strade asfaltate di sangue, tutti vorrebbero toccare le mani di quella donna senza guanti a ricoprire braccia così esili da non essere fatte per servire.
Parigi, stessa notte, una sola luce
Un uomo fermo su un marciapiede che tiene in mano un bicchiere e ha il collo stretto da un cappio colorato che si sforza di non essere tale.
Una donna che cammina sul marciapiede e tiene fra le mani un foglio, una scusa per chiedere a quell’uomo come si fa a fare della paura un pensiero.
Parigi, all’alba, una nuova luce
Due anime in alto su un simbolo così grande da far venire le vertigini. La neve che si appoggia lieve sui cappelli imbiancati dal tempo perso Le mani che si stringono sul cuore per la paura di cadere in un pensiero
Tags: Parigi
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