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Silvia Castellani

Tra l'essere e il fare, c'è di mezzo il pensare

Archive for the ‘Senza categoria’ Category

Evolver

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marzo 16th, 2009 Posted 20:51

C’è una frase che proprio non comprendo ed è: “Io sono così. Non cambio”. Come se il cambiamento sia negativo, pericoloso forse; un qualcosa da cui guardarsi. E, soprattutto, un qualcosa di decidibile. DECIDIBILE. E’ atroce, il fatto di pensare che ognuno di noi possa solo immaginarsi in maniera statica. Se mi ripenso, se ripenso alla me stessa di… quando? Voglio essere provocatoria: alla me stessa di ieri, scopro che già sono cambiata. Perchè ho letto, ho camminato, ho osservato cose e persone, mi sono confrontata con alcune di quelle persone. Come si può essere così limitati da vantarsi della propria volontà di mantenere il proprio “essere qui e adesso” che peraltro non è mantenibile? E’ forse un vanto dire, magari, alla persona amata o ad un amico: “Io sono così. Non cambio”. Quello che penso io e che ogni giorno mi ripeto non essendo disposta a dimenticarmelo: “Io sono così. Domani sarò già diversa. Spero migliore”.

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Scusi, africano!

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marzo 10th, 2009 Posted 17:17

E’ successo ieri, alla stazione. Stavo facendo il biglietto, quello di un treno che poi ho preso e mi sa che, una volta tanto, son salita su quello giusto. Insomma stavo in fila e aspettavo il mio turno. Davanti a me, un ragazzo di colore e dietro, due orientali. Attenzione, perchè se specifico la nazionalità è importante. A un certo punto arriva uno non autorizzato. Si piazza vicino al ragazzo di colore e gli dice: “scusi, africano!” e dopo averlo scostato con la mano, inizia lui a parlare col bigliettaio.

1) il ragazzo di colore avrebbe potuto benissimo essere americano per quanto mi riguardava.

2) se il non autorizzato (a stare al mondo) si fosse rivolto al ragazzo di colore nel seguente modo “scusi, sporco negro!” sarebbe stata praticamente la stessa cosa.

3) se fossi stata io il ragazzo di colore, avrei colpito il non autorizzato (a stare al mondo, sempre) dritto in faccia senza proferire parola. Perchè hai voglia a dire di non rispondere alle provocazioni ma, come direbbe Marco Masini, è un Paese l’Italia che ci ha rotto i coglioni specie su certi temi come il razzismo e la violenza.

4) se fossi stata il bigliettaio, avrei liquidato il non autorizzato (a stare al mondo, da qui non si scappa) dicendogli con scarsa considerazione, di mettersi in fila.

5) se fossi stata io, o meglio, in me, sarei intervenuta, pur non richiesta, a fare l’avvocato difensore. Ma ieri non ero io, porca miseria, non ero in me, perchè dovevo prendere questo treno giusto nei successivi cinque minuti che sarebbero intercorsi dopo l’episodio di razzismo e io quel treno sentivo che non potevo perderlo. Della serie: ieri dovevo proprio optare per un sano egoismo.

Così, insomma, nessuno ha fatto un cavolo, e il razzismo ha segnato indisturbato un altro punto. Che poi, non è finita lì: sono corsa sul binario del treno giusto e mentre salivo, la porta scorrevole che pesava non so quanti chili, si è sbloccata e mi stava schiacciando e indovinate un po’? Nessuno faceva un cazzo. Poi però, quando qualcuno si fa male, allora sono in mille ad accorrere. E comunque, mentre la porta del treno mi stava travolgendo, ho urlato cattivissima al cretino alle mie spalle: “te non fare niente, eh, mi raccomando!” Volevo anche rifarmi per il senso di colpa causatomi dal non essere intervenuta contro il non autorizzato (a stare al mondo e ormai l’abbiamo capito). Così, in chiusura del tutto, ho borbottato, rivolgendomi sempre al cretino: “africano che non sei altro!” Speravo che mi rispondesse, davvero, perchè sarebbe stata una soddisfazione mettere su una di quelle difese ridicole del tipo: “Suvvia, non pensi che il mio volesse essere un insulto. No, è un modo per riprendere una peculiarità di quel bellissimo popolo che nel mondo è tanto amato ovvero la lentezza d’azione che è risaputa, no?”

Ma qui il problema vero è che manca la voglia di discutere per cercare di difendere i propri diritti e quelli degli altri. Il problema è l’atteggiamento di rassegnazione diffusa rispetto alle cose che non vanno. Il problema è starsene a guardare, o a sopportare, che tanto prima o poi ci penserà qualcun altro a fare qualcosa o che tanto è inutile fare qualcosa che sarà sempre così. E invece basta. E’ ora di autoresponsabilizzarsi socialmente e di passare alla condivisione dei problemi, praticamente è ora di pensare che io sono te e tu sei me. Farci i cazzi nostri di fronte alle ingiustizie, per essere chiari, ci porterà ad una involuzione.

Morale ironica (giusto per sdrammatizzare il proclama sopra per la solidarietà sociale): le ferrovie dello stato sono puntuali nel mantenere le promesse e ieri hanno lavorato per me!

Tu mi colori la vita

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febbraio 24th, 2009 Posted 21:33

Una frase che mi ha emozionata. Soprattutto perchè è cercando queste parole che qualcuno nel selvaggio mondo virtuale, è inciampato nel mio blog. Grazie a quel qualcuno, che ancora cerca, in rete, parole d’amore. Oggi sono di buon umore. Lo sono, non solo perchè tu mi colori la vita, ma perchè ho finalmente realizzato che ci sono persone disponibili ad aiutare il prossimo senza secondi fini. Lo so per certo, perchè sta capitando a me. Sto raccogliendo molti più comprensione e aiuto di quanto meriti.

14. Alla locanda Almayer, olio su tela, cm 50 x 42 Coll. Bartleboom

Descrizione.

Ritratto di un angelo in stile preraffaellita. Il volto è privo di lineamenti. Le ali sfoggiano una significativa ricchezza cromatica. Fondo oro.

Tratto da “Oceano mare” di Alessandro Baricco

Dovrei, ma sai…

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febbraio 23rd, 2009 Posted 20:38

Dovrei continuare a fare quello che da un po’ di tempo faccio. Non dico cosa per scaramanzia, che poi è uguale. potrei anche dirlo che tanto non cambia, che tanto i tarocchi hanno altro da fare che concentrarsi sulla mia sfiga presunta, assunta per tempo da qualche pagliaccio che forse si diverte a fare facce buffe dalla mia parte. E allora, di fronte a quelle facce che a me paiono smorfie cambio canale e penso che tutto sommato ho creduto nella cosa migliore, il mio sogno di panna candita con rose di zucchero…

Cosa vuole dire quello che ho scritto? Boh. Se qualcuno lo capisse, mi faccia un fax.

Quello che ho fatto negli ultimi dieci giorni:

- mi sono iscritta ad un corso intensivo gratuito di inglese e secondo logica, l’ho anche frequentato. Lo sto frequentando.

- ho avuto diversi attacchi violenti di tosse. Violenti perché poi, per lo sforzo di tossire, tremavo tanto che non riuscivo nemmeno a impugnare un cucchiaio senza sembrare una vecchia affetta dal morbo di parkinsons. Non so il motivo degli attacchi e nemmeno lo vado a chiedere a un medico. Credo sia una questione di bronchi. ovviamente continuo a fumarci sopra perché la coscienza di Zeno non ne vuole sapere di andarsi a fare un giro. prendo lo sciroppo per la tosse. tre volte al giorno. lontano dai pasti. ma si può fumare dopo lo sciroppo?

- ho sentito dire molte puttanate nell’aria circostante alle mie orecchie

- una musulmana mi ha spiegato che il maiale fa male e non si deve mangiare. poi mi ha spiegato un po’ di altra roba sul Corano. Rimango della mia religione.

- ho guardato un film dell’orrore. Si chiama Pollicino. Ho rischiato di non dormire la notte. Per fortuna che mi è capitato di vederlo a 31 anni, altrimenti, nell’infanzia, mi avrebbe provocato un trauma irreversibile. Con quella storia che i genitori abbandonano Pollicino e i suoi fratelli nel bosco per questioni di miseria e che lui dopo lascia le briciole che gli uccelli fanno secche, che incontra la casa dell’orco e che l’orco se lo vuole mangiare con i fratelli, ma si confonde e ammazza le sue, di figlie. Un’ansia infinita. Soprattutto per la moglie dell’orco che pare odi e tema l’orco con tutta se stessa e fa di tutto per nascondergli Pollicino e i suoi fratelli ma che poi, quando l’orco se ne va da casa, lei dice: “Vi prego, non mi lasciate sola. Rimanete con me”. Gli dice proprio così all’orco e allora dopo un bambino va in paranoia, porca miseria. Soprattutto perché la donna alla bestia gli dà del voi che è segno di rispetto. e tutto questo dopo che la bestia ha ammazzato le sue figlie. ma dai! questa è una favola da Dario Argento.

- ho conosciuto un po’ di persone nuove, maschi e femmine, italiani e stranieri. che bello. lo scambio interculturale mi dà soddisfazione

Ora, ora che scrivo, penso che dovrei, ma sai…

Mi piaci se ti muovi. E allora, muovi.

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febbraio 9th, 2009 Posted 20:01

Lo dico a me stessa. Mi piaccio se mi muovo. E allora, muovo. Forse sono un po’ come Mortino di Madagascar o magari come Re Giulian. Sono uno di quei personaggi secondari che danno un po’ di respiro alle vicende principali dei protagonisti, una di quelle figure strampalate che però mettono allegria, anche nel loro essere sfigati e servono a qualunque storia per farla ben riuscire. Ma questo che ho appena detto, non c’entra niente con quello che devo dire adesso. E va bene. Del resto l’ho anticipato che sono un po’ come quello schizzato del re dei lemuri. Quello che volevo dire è che oggi sull’autobus c’era un ragazzo che continuava a chiedere a tutti i passeggeri che gli capitavano a tiro se avevano da cambiargli un pezzo da due euro con due monete da un euro. Nessuno gli dava retta. Così ho deciso di timbrare il mio city pass anche per lui. Allora voleva darmi le poche monete che aveva in tasca a tutti i costi. Dai, ti dò almeno settanta centesimi, forse arrivo anche a novanta. Lascia stare, gli ho risposto almeno tre volte e poi mi sono decisa a dirgli: “da una parte va e dall’altra viene”. Ho sentito di aver mosso le cose, di aver dato il giro. Adesso, non avrò dato un giro all’economia, diciamo che ho dato un giro alla solidarietà cittadina. E se da una parte va, dall’altra viene. Così è stato e così sarà sempre, perchè poi mi sono trovata in un posto a quaranta chilometri da Bologna e ho incontrato un ragazzo romagnolo che mi ha riportata in città in macchina. Bella storia. Soprattutto perchè quel ragazzo mi ha ricordato tanto un intagliatore di santi. Chissà poi perchè. E comunque resta il fatto che mi sono mossa e ho mosso. Torna tutto, no?

L’orgogliona

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febbraio 6th, 2009 Posted 01:57

pinguino di linuxSono passata davanti ad un computer che faceva un gran baccano. Macinava, macinava e macinava. Che noia. Su quel computer faceva capolino, in un angolo, un pinguino. Chi è? Ho chiesto. E’ linux. Mi hanno risposto. Mi è venuto in mente Renato Pozzetto in un suo vecchio film, quello del ragazzo di campagna. Ora, non me lo ricordo bene, ma ricordo per certo che c’era la Mariarosa, una tipa che se la caricavi sul trattore andava in brodo di giuggiole. Di quel vecchio film mi ricordo, soprattutto, che Pozzetto, trovando un pinguino nell’armadio, diceva qualcosa del tipo: “prima o poi te ne devi andare da qua perchè ho deciso di metterci una stufetta”. Così, appena ho visto il pinguino di linux, l’ho guardato storto e l’ho minacciato con la stufetta. Ho sentito ridere. Anche il “tecnico del computer” l’aveva visto quel film di Pozzetto e allora abbiamo ripercorso insieme un po’ di trama, compresa la scena della Mariarosa che gode come una iena a salire sul trattore. Dopo è finito tutto. E’ sparito anche il pinguino linux. Ho deciso che era arrivato il momento di mangiare dei pop-corn anche se era notte e non c’era la tv con un film qualsiasi a giustificarli. Che poi non ci vuole la linea fra pop e corn, ma a me piace quella lineetta. Mi dà l’idea dello sgranocchio.Tutti quei pop-corn, si diceva. In rigoroso silenzio. In rigoroso silenzio, dopo il primo pacco di pop-corn, ho acceso una radio vecchissima che prende anche le frequenze giapponesi quando è buio, ma il programma giapponese quello figo non c’era perchè non era ancora buio pesto e mi sono dovuta accontentare di Sinatra. In fondo ci ho guadagnato. Nel mio silenzio fatto di pop-corn sgranocchiati sulle note di Sinatra, senza più nemmeno un pinguino a far capolino da uno schermo macinatore, mi sono sentita dire: “Certo che tu sei orgogliosa”. Questo perchè un paio di ore prima, mentre piangevo a dirotto, avevo sostenuto con una tigna di cui pochi sono capaci, che ero felice da morire. Sulla parola “orgogliosa”, mi sono riattivata di nuovo: “non sono orgogliosa” ho detto “sono orgogliona, orgogliosa e cogliona insieme”. Ho sentito ridere di nuovo. Poi ho preso una scatola di cacciaviti e li ho guardati uno ad uno. Ho concluso che non mi servivano a un cazzo. Mica sono un meccanico io. Allora mi sono convinta a prendere in mano una penna, proprio nel momento esatto in cui è iniziata Libertango. E, senza scrivere, mi sono messa a riflettere sul fatto che, di notte, molte persone si svegliano per pensare a come fare soldi, io mi sveglio per pensare a come fare sogni. E a forza di ragionare, con quella penna in mano, senza scrivere, pensavo a quelli che pensavano a come fare soldi e io che pensavo a come pensare di fare sogni e magari convincere col mio pensiero anche quelli dei soldi a fare i sogni. Un incubo. E quando gli incubi sono troppo grandi da poterli tollerare, io… mi sveglio, di notte, e mangio i pop-corn.

Ho deciso il destino del mio albero di Natale

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gennaio 29th, 2009 Posted 22:54

Una volta ho conosciuto uno che mi disse che l’albero di Natale lui lo faceva a ferragosto e lo smontava a novembre. Ho pensato fosse quantomeno curioso. Ci ho ripensato. Adesso che sto guardando il mio albero di Natale che per una serie di circostanze è rimasto addobbato nella mia casa a Bologna, penso che non lo voglio smontare. Ormai non ha più senso. Me lo tengo così, con le luci e le palline. Lo uso come lampada per leggere la sera. Lo guardo quando mi sembra che le cose vadano di merda e ho bisogno di pensare che la festa è tutta intorno a me. Che forse è anche vero, ma ci vuole un albero di Natale a ricordartelo che magari poi te lo dimentichi ed è un casino. Mi vengono in mente gli occhi di quello scaricatore di porto che ho incontrato a Cipro. In quegli occhi ho visto molte terre che non vedrò mai di persona. Erano occhi pieni quelli, occhi che avevano visto forse troppe cose, occhi lucidi, occhi bagnati. Occhi di mare. Vorrei, da vecchia, avere quegli occhi. Credo sia questo il motivo per cui ho deciso di tenere addobbato l’albero di Natale. Per darmi una speranza, per provare ad illuminare i miei occhi. E il mio destino di viaggiatrice…

Tutto è immobile. Come l’avevo lasciato

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gennaio 23rd, 2009 Posted 01:25

Sono tornata nella mia casa a Bologna. Ho acceso la luce e ho visto l’albero di Natale che avevo addobbato più di un mese fa. Ho spento la luce pensando non fosse possibile. L’ho riaccesa e l’albero era ancora lì. Era ancora lì il mio pigiama, piegato sul cuscino. Mi sono buttata sul letto e ho guardato il soffitto. Ho avuto la sensazione di essere stata lontana da qua per troppo tempo. Ho avuto la sensazione che tutto mi stesse aspettando immobile. Come l’avevo lasciato. Mi sono voltata e ho visto un volto che mi ha sorriso come fosse la prima volta che mi vedesse e una bocca che ha pronunciato parole che parevano fossero pronunciate lo stesso per la prima volta. Mi sono alzata dal letto e ho acceso l’albero di Natale. Le sue lucette funzionavano, tutto intorno funzionava. Ho bevuto dell’acqua e poi ho disfatto la valigia pensando che il giorno dopo ne avrei dovuta preparare un’altra per un altro viaggio. Ho guardato l’orologio. Mi sembrava immobile anche quello, ma non era vero. Il tempo era andato avanti. Il tempo è andato avanti. Anche se una voce mi dice di guardare, di guardarmi intorno, che non è stato toccato niente, che è tutto immobile, come l’avevi lasciato…

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Iniziamo l’anno con Paulo Coelho

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gennaio 13th, 2009 Posted 20:23

« Id opus est. L’opera è questa. L’Amore basta a se stesso ». C’è scritto così ne « Il dono supremo » dove a partire dal libro « La migliore cosa del mondo » di Henry Drummond, Coelho riflette sul messaggio contenuto nella prima lettera di San Paolo ai Corinzi.
Una roba complessa. Troppo « elevata » per me e la mia capacità di comprensione. Quindi, mi limiterò ad altro. Al « Manuale del guerriero della luce », un piccolo libro scritto da Coelho di cui molti passaggi conosco ormai a memoria, perchè di tanto in tanto, quando ho bisogno di una sferzata di energia, vado a rileggerlo.

Questa è una delle mie frasi preferite :

« Il guerriero è libero. Ma sa che un forno aperto non cuoce il pane »

« Manuale del guerriero della luce » di Paulo Coelho

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Una roba videomusicalepazzesca

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dicembre 16th, 2008 Posted 16:38

Ieri sera, qui a Bologna, sono andata da un kebabbaro. Volevo mangiare qualcosa di velocemente (dis)gustoso. Ogni volta che capito dai kebabbari succedono cose. O non mi danno la birra, perchè è troppo tardi e possono servire solo analcolici, o mi ustiono la lingua con l’agnello, o mi torna su tutta la notte la cipolla del panino e infatti bisogna che la smetta di farlo imbottire con la cipolla. Ieri è successa una cosa fantastica, una roba visivamusicalepazzesca. Mi sono sempre chiesta come cavolo facessero a durare una vita quelle loro canzoni. e plin plin, e plin plin. Una palla cosmica per le mie orecchie. Poi ieri sera ho potuto vedere un video di quelle canzoni. Una roba fantasmagorica. Ho visto questo video dove c’era una storia complicatissima di due contendenti che si sfidavano per una donna anche lei lì nel video che se la tirava un sacco e anche lei diceva la sua. Poi sono andati tutti ad una festa e c’è stato un litigio, poi si sono unite le donne da una parte e si fronteggiavano con gli uomini dall’altra parte, poi forse è intervenuta la madre di qualcuno e ha detto: “ehi, datevi tutti una calmata!”. Allora uno dei due spasimanti se l’è presa di brutto ed è andato a fare un viaggio, e quando è tornato dal viaggio, ha ritrovato un amico che non vedeva da una vita così sono dovuti andare a brindare insieme. per cosa esattamente non l’ho capito, perchè in quel momento un pezzo di carne d’agnello è volata dal mio panino al pavimento. poi è ripreso il corteggiamento della tipa che se la tira che nel frattempo si era sposata un paio di volte e altrettante si era divorziata. tutto questo ovviamente raccontato nel video. nel mentre qualcuno si era sentito male e l’avevano portato all’ospedale. probabile che fosse qualcuno della festa che avevano dato all’inizio del video. insomma, una roba videomusicalepazzesca. venti puntate di beautiful in una botta sola. Comunque ero proprio esaltata e anche mia sorella che ha detto: “questo video è una saga. te li immagini dei video così girati in Italia?”. Io intanto avevo finito il panino e ancora il video doveva finire di raccontare quella storia. Mi sa che alla fine qualcuno si è anche sposato. Prima di andarmene, mi sono complimentata col kebabbaro perchè mi ha regalato un pezzo di Cultura del suo Paese.

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