Archive for settembre, 2010
Eloisa ed Abelardo, rapitori delle stelle
settembre 30th, 2010 Posted 20:20
Parigi, 1100. Eloisa e Pietro Abelardo, una storia struggente che val bene raccontare attraverso e soprattutto i loro incartamenti. “A quel tempo ero infatti tanto famoso e primeggiavo talmente per essere nel pieno della bellezza e della giovinezza che qualunque donna mi fossi degnato di amare non avevo da temere alcun rifiuto”. Lo scrive Abelardo in una lettera intrisa di quelle superbia e vanità che gli faranno forse meritare la terribile punizione subita poco più che quarantenne. Lui stesso dirà ad Eloisa:”considera quanto profonda è stata la provvidenziale pietà di Dio verso di noi; come misericordiosamente Egli ha trasformato il suo verdetto in mezzo di correzione: con quanta saggezza si è servito dei mali stessi e ha amorevolmente rinunciato alla severità per salvare, con una meritatissima piaga in una sola parte del mio corpo, due anime…”. Per la sottoscritta, decisamente eccessivo anche per un uomo di chiesa, ma magari non (per un uomo) di fede.
Cimitero di Père Lachaise, 1800. I due oggi vi riposano in pace dopo 700 anni di tribolazioni, attraverso la vita ma anche attraverso la morte. Seppelliti originariamente insieme, furono infatti divisi nel 1600 da una badessa ossessionata dai loro lussuriosi fantasmi, poi riuniti nel 1700 da un’altra religiosa e, alla fine di quello stesso secolo, trasferiti nella chiesa di Nogent-sur-Seine e collocati in uno stesso sepolcro, pur separati “per decenza” da un divisorio di piombo. Nel 1800, eccoli finalmente a Père Lachaise. Non poteva mancare una romantica leggenda: si narra che quando Eliosa morì, nel 1164 a distanza di 22 anni dalla morte dell’amato, e volle (riuscendoci) essergli sepolta accanto, le braccia del cadavere di lui si aprirono in un abbraccio.
Dopo la morte ci fu questo, ma in vita fu forse peggio.
Pietro Abelardo conosce Eloisa a 39 anni e ne diviene maestro. La ragazza non ha ancora 17 anni e fama di adolescente particolarmente sapiente. In un’epoca dove le donne sono praticamente quasi tutte analfabete, lei sa leggere il latino, ha nozioni di greco, d’ebraico e conosce a memoria Ovidio. E le arti liberali: grammatica, retorica, geometria e astronomia… E un chissenefrega, non ce lo mettiamo? Scusate, ma gli elenchi delle materie mi irritano. Diciamo piuttosto che, come per Paolo e Francesca, galeotto fu il libro. E “sepius ad sinus quam ad libros reducebantur manus” (più al seno che ai libri correvano le mani). È sempre Abelardo che scrive, in un momento successivo al consumarsi della storia carnale. Lei, invece, dal monastero di Argenteuil, in preda ad assoluta dedizione e, lasciatemelo dire, a quell’ardore sfrenato che confonde:
“Al mio signore, anzi padre, al mio sposo anzi fratello, la sua serva o piuttosto figlia, la sua sposa o meglio sorella… ti ho amato di un amore sconfinato… mi è sempre stato più dolce il nome di amica e quello di amante o prostituta,…”
Ma, all’epoca delle “lezioni d’amore” Abelardo, che arde letteralmente di passione per allieva che lo ricambia, per starle più vicino, chiede a Fulberto, zio della giovane che l’ha in custodia, di poter “andare a pensione” da lui. Figurarsi se il canonico non approva! Accetta, infatti, con entusiasmo, di avere sotto il suo tetto il maestro più insigne di Parigi. Fino a quando scopre la relazione e lo caccia di casa. Eloisa è incinta. Abelardo decide di rapirla e di portarla presso la sorella, lontana da Parigi, dove la giovane partorisce un maschio che verrà chiamato Astrolabio. Abelardo però vuole riparare al male inferto alla famiglia di lei e chiede a Fulberto di sposarla con la clausola che il matrimonio deve rimanere segreto, perché lui non può sposarsi, essendo, oltre che docente, anche un chierico. Ne andrebbe della sua reputazione e della sua carriera. Ottenuta la garanzia del mantenimento del segreto dai parenti della giovane, i due si sposano, nonostante Eloisa sia contraria e cerchi ripetutamente di dissuadere l’amato da tale decisione. La notizia in qualche modo si diffonde e, per cercare di evitare ogni tipo di ripercussione, Abelardo fa rinchiudere Eloisa in monastero.
E più scrivo, più mi angoscio.
Poi, in qualche altro modo, il sentimento di vendetta di Fulberto prevale e la situazione una notte impazzisce.
Si legge ne “I segreti di Parigi” di Corrado Augias: “mentre dormivo tranquillamente in una camera appartata della mia casa, con l’aiuto di un mio servo che avevano comprato col denaro, si vendicarono su di me in quel modo così crudele e ignominioso che riempì tutti di inaudito stupore: mi amputarono cioè la parte del corpo con cui avevo commesso il peccato”.
I due non si rivedranno più. Solo una volta, per un solo momento, poterono appena incrociare lo sguardo.
Scriverà così, Eloisa, un giorno di vent’anni dopo l’evirazione, in preda a fantasie interiori mai più placatasi:“si può parlare di vera penitenza dei peccati quando, per grande che sia la mortificazione del corpo, l’animo rimane fermo nella volontà di peccare e arde degli antichi desideri? … È difficilissimo svellere dall’animo il desiderio delle supreme voluttà.“
Esiste a Parigi una coppia raffigurata quattro volte sul pilastro centrale della sala delle guardie nel palazzo della Conciergerie, che rappresenterebbe, secondo la tradizione, i due tragici amanti. Lei ha il capo velato, lui guarda nel vuoto ed entrambi impugnano ornamenti che fuoriescono dalla cornice e paiono fallici.
Ad ogni modo, è certo che i due rapirono le stelle.
Tags: amore, Eloisa ed Abelardo, fotografia, libro galeotto, monastero, Parigi, rapitori di stelle, silvia castellani, tragedia
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Lezione femminile – Fiutare l’aria e andarsene veloci
settembre 28th, 2010 Posted 19:44
Sono appena rientrata a casa e anche oggi metto la parola fine a questa giornata che definire faticosa sarebbe un eufemismo. Sto pensando che nella vita tutto serve, soprattutto se sei donna, soprattutto se devi difenderti dai pericoli del mondo. Sto pensando che da ragazzina ho frequentato moltissimo le discoteche, anche quelle un po’ più “accese”, quelle dove non era raro che scoppiasse una rissa in pista, così, all’improvviso. Mentre tu stavi ballando, avevi circa dieci secondi, forse meno, per renderti conto che dovevi uscire da quella pista dove stavi ballando, altrimenti, tuo malgrado e senza c’entrare un cazzo, ci finivi in mezzo al casino colossale. Vedi poco fa, sull’autobus che ho preso alla stazione, stanca morta come sempre, come quando stavo a ballare delle ore, da ragazzina. Ma i riflessi, i riflessi non mi tradiscono più. Ormai. Mi sono seduta, in fondo all’autobus. C’erano tre posti, uno già occupato e gli altri due liberi. Ci siamo seduti, io e un uomo, apparentemente normale. E appena seduta, al centro tra i due uomini, ho rilevato che c’era qualcosa che non tornava, che non andava bene. L’uomo sedutosi in contemporanea a me ha provato ad attaccare discorso, era ubriaco. Dall’altro lato, l’ altro uomo, faceva apparentemente finta di niente. Io anche ho fatto finta di niente, ma non mi sentivo sicura. Come all’epoca, in discoteca, quando ballavo, stanca morta, eppure sentivo qualcosa nell’aria che non tornava. L’uomo ubriaco ha deciso di lasciar stare, che non volevo conversare e si è letteralmente accasciato sulla sua sedia. Poi, è stato un attimo, ho visto con la coda dell’occhio che ha alzato la mano per accarezzare i capelli della donna seduta davanti a lui. La donna si è voltata e io sono scattata e mi sono portata avanti sull’autobus verso l’uscita. L’altro uomo mi ha detto di no, che dovevo stare lì, seduta, come a fare intendere che mi avrebbe difesa lui, se l’ubriaco allungava le mani. Col cazzo, fratello, mi fido più di me. E infatti: raggiungo la porta centrale, tempo dieci secondi e sento che, in fondo all’autobus, l’uomo dice alle donne di sedersi tranquillamente e poi inizia ad inveire contro l’ubriaco, dice che ha già dato fastidio a due donne, che ci pensa lui, che forse gli vuole dare una lezione. Tensione conclamata. Pensa se rimanevo al centro dei due… Si apre la porta centrale, scendo al volo, è meglio. Non so come è andata a finire, probabilmente in niente, ma so come vanno queste cose, cioè che non sono prevedibili a priori dal momento della tensione conclamata. Magari succede che hai una manciata di secondi, scatta la zuffa e ci finisci in mezzo. Morale: voglio dire alle ragazze di fiutare l’aria, che se il loro sesto senso le sconsiglia di rimanere in un posto, locale o autobus che sia, se ne devono andare, devono mettere in atto da sole la così detta “prima difesa”. Non dovete rimanere immobili per paura, per timore di offendere qualcuno, per vergogna. Togliete le tende, veloci. Perché, tempo dieci secondi, non lo potete sapere come va a finire. Ah, un grazie d’obbligo ai locali “accesi” che ho frequentato dove ho imparato a fiutare l’aria e a non avere paura di andarmene.
Tags: auto-difesa, autobus, discoteca, fiutare l'aria, lezione femminile
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Ti sembrano cose umane, intendo queste qui, che succedono tra le persone, ti sembrano cose umane?
settembre 13th, 2010 Posted 20:24
«Ho deciso di avere un seno più piccolo – ha dichiarato alle tv americane – molto più piccolo. Una taglia normale, come quello di una casalinga». Parole di Sheyla Hershey, lette qualche giorno fa su libero.it. Guardati il sito della signora, poi ne parliamo. Anche della questione della casalinga.
Ora dobbiamo volare a Sydney dove un circo russo in tour in Australia ha dovuto cancellare il numero in cui una donna ingoia tre pesci rossi vivi e poi li rigurgita. Il pubblico non ha gradito e lo Stato del Nuovo Galles ha così deciso: viola la legge sulla protezione degli animali. Sai, stanotte ho sognato un vecchio giornalista che mi diceva di un servizio che avrei dovuto fare a Bologna. Io ho subito pensato a quel tizio che aveva vinto 6 milioni di euro all’enalotto (inesistente, ovviamente) pur avendo la sensazione di dover investigare su un omicidio. Ho rifiutato, in ogni caso, e dato che la linea telefonica era disturbata, non ho nemmeno ben capito per quale servizio giornalistico esattamente volesse reclutarmi. Il vecchio giornalista mi ha salutata (il suo ciao l’ho sentito forte e chiaro) augurandomi tanta fortuna ed erano le 9, lo guardavo sull’orologio del monolocale dove vivo, Interno 6. Ho chiamato il taxi e Jack era semi-sveglio a letto, come al solito. O forse, vista l’ora, era già al fornello a versarsi il caffè caldo. Sotto alla telefonata del giornalista avevo un’altra chiamata. Era Dory, la segretaria di un tizio per cui avevo lavorato poco e male, a causa del tizio ovviamente, ma sul display appariva Doy. Perché chiamava alle 9? Io alle nove devo essere in ufficio – ho pensato – altrimenti non faccio in tempo a rispondere. Ma ti voglio raccontare di Londra: una madre sulla quarantina ha urlato il nome di un altro uomo mentre scopava con la nuova fiamma che l’ha accoltellata e strangolata col cavo della sveglia. Se ci fosse stato “Il predestinato” dalle sue parti, forse si sarebbe salvata. Hai capito a cosa mi riferisco? E soprattutto, ti sembrano cose umane, intendo queste qui, che succedono tra le persone, ti sembrano cose umane?
Del fatto che a Natale si celebrerà a Madrid la prima lotteria gay, invece, non mi frega niente. L’unica cosa che mi aggrada, solo per questo ti ho raccontato la notizia, è la scritta stampata sui biglietti: “Gay Luck”. La trovo piuttosto musicale. Sai, se proprio te lo devo dire, mi piacerebbe davvero essere altrove, in quell’ altrove esatto che ricerco attraverso le notizie del mondo. E le più belle sono sempre di Parigi. Senti questa, l’ho letta su City: un professore di liceo cambia sesso durante le vacanze estive. In pratica, suona l’ultima campanella prima delle vacanze ed è Vincent, risuona la campanella qualche mese più tardi ed è Martine. Et voilà. Pare che i ragazzi (dai, nel senso di discenti, cosa vai a pensare!) l’abbiano presa bene. Allora le cose stanno più o meno così: non mi va di ascoltare il telegiornale perché poi finisce che mi ritrovo a subire qualche discorso leghista, o il racconto di qualche presunto caso di malasanità, oppure imparo che esistono al mondo stronzate quali il balconing. Insomma, per un motivo o per un altro mi incazzo sempre. Non mi rimane che guardare i reality. Senti, ora devo proprio andare anche se non ne ho voglia, anche se starei qui a raccontarti per ore. Torno presto.
Tags: balconing, cambio sesso, campanella, circo russo, cose umane, lotteria gay, notizie del mondo, pesci rossi, taglia normale, telegiornale, vacanze
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LUI HA QUALCOSA DA DIRE. MA DEVE FARLO NEI TEMPI E NEI MODI DI UN “TRITATUTTO”. CORAGGIO NEVRUZ!
settembre 8th, 2010 Posted 12:51
Tags: artista, coraggio, Nevruz, qualcosa da dire, tritatutto, X Factor
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Lettera da naufrago a naufraga(r)…
settembre 3rd, 2010 Posted 20:02
Un marinaio pensa, su uno scoglio in riva al mare, ad un antico amor perduto…
Chissà dove sei, cosa fai, se mi pensi mai. Ora io qui ti penso, sì, e ripercorro quei giorni lontani e così inutili, dove ancora per noi tutto era possibile. Ora le cose sono cambiate, si sono evolute, si sono staccate da un guscio scintillante in cui noi soli abbiamo finito per credere. E in due non si può vincere un oceano di ostilità. Adesso io cerco sempre, come allora, cosa non so. Sempre in mare la mia anima di tempesta anche quando le acque appaiono calme. Sono lo stesso. Forse anche tu. Dovrei cambiare. Potrei? Non sarà il viaggiare o l’associarmi con gente straniera a darmi la pace. Non sarà nemmeno la fede, temo, perché sono troppo carnale e sofferente per farmi una ragione del bene. Esiste sulla terra questo bene? Esiste per certo, dentro di me, ma portarlo fuori, fare sì che l’Altro possa riconoscerlo, lo trovo ormai impossibile. I porti dove approdare sono tanti, ma ho perso la convinzione di potercela fare. Una volta era diverso. Una volta il segno avverso non aveva orecchie per me. Ora arranco, rido a stento e mi chiedo se la mia vita ha un senso. Ora non c’entra l’aver sofferto, la scoperta dell’abbandono, il perdono dato da un trono. Ora credo di essere solo, nonostante il mondo mi sorrida tutto. Ora penso al lutto che non ho mai accettato, quello di un addio che non doveva essere dato. Oggi è ingrato con questo mio fato che da un lato spinge ribelle per uscire a rivedere le stelle, dall’altro stantio non si riesce a prendere.
E così mi consolo, guardo il mare aperto, tu pure guardalo, come brilla, luccica di argento su questo scoglio dove sono naufragato. Non tentarmi più con il tuo ricordo, che pure mi riempie il cuore e non venire a visitarmi in sogno. Le illusioni nell’afferrare il tempo perduto non potranno riportarci in salvo e rimettere insieme i nostri pezzi illesi. Cerca, piuttosto, di essere felice.