Archive for marzo, 2010
Racconti belli per bimbi pipistrelli
marzo 27th, 2010 Posted 09:09
A dire la verità io è da un po’ che penso a cosa e come scrivere. Dove. E’ un po’ di giorni che sono lì lì e dico ‘adesso ho trovato questo pensiero buono o almeno mi pare. Sono a posto.’ Ma dopo non lo scrivo, rimando alla sera e alla sera mi viene da svenire perché ho problemi troppo materiali per lasciarmi andare a risolvere i pensieri. La cosa mi assilla. qualche minuto fa mi sono avvicinata ai miei scritti e ho detto: non so se sono più capace. Ho un libro di racconti a metà. e sono racconti belli, ne sono certa, io stesso quando li rileggo mi chiedo: ma li ho scritti io? Forse li ha scritti qualcun altro attraverso di me. Secondo me c’è un daimon maschile dentro di me. Questa notte ho sognato un uomo nudo che scappava a prendere un treno e una ladra che aveva rubato delle applicazioni colorate per le unghie e la sua amica con in mano le unghie da applicare. Così la tipa del negozio, la store manager come la chiamano i signori delle agenzie interinali diceva al trio furbesco, o forse solo alla ladra: “tu per comprare delle scarpe come le mie, dovrai lavorare anni” e invece la ladra attraversava delle vite, faceva molti lavori e i soldi o le scarpe altrui non la interessavano affatto. Di fatto rimane che ho voglia di scrivere, soprattutto “trattati” così, una volta trattati gli argomenti dei trattati sono a posto, e i posteri sanno come la penso perchè non farò in tempo, data la breve vita, a dire a tutti come la penso su tutto. Allora, come per la paura, sugli argomenti importanti è meglio darsi alla trattAzione.
Pensieri da ricordare:
- mi sembro capitan uncino. Stabilire il perché.
- trovare un sistema per far sì che l’orologio biologico si spenga il sabato e la domenica.
- stare lontana dai coccodrilli, quelli veri. Non è una metafora.
- chiamare qualche amico. Serve proprio? Sì, serve.
- cambiare la tariffa al cellulare. Spendo troppo e non posso sempre chiedere all’interlocutore :”Mi puoi chiamare te che ho finito i soldi?” Se lo facessero a me, mi incazzerei e molto.
- leggere di più. leggere di più, cazzo. E due.
- volevo parlare di quella cosa della forma, che molti dicono che è il modo di dire le cose che è sbagliato e non la sostanza e te lo dicono come a dire che “devi dire diverso.” E invece la forma è la sostanza. L’ha detto una volta anche Aldo Busi. Come ti permetti, del resto, di dirmi che non ho il modo giusto? Proprio ieri in treno sentivo una ventenne che parlava al telefono con quelle frasi preconfezionate tra cui appunto “quello che dici può anche essere giusto, ma sbagli la forma.” Sì, cretina che non sei altro, sbagli a comprare il reggiano. La prossima volta compra padano. Consuma comunque, consuma sempre e in ogni luogo. Meno male che mia sorella minore è un genio rispetto alla media dei ventenni nei cui discorsi, mio malgrado, mi imbatto. Fortunatamente mi somiglia. Ora spero di non ritrovarmi all’inferno con il corpo conficcato nel ghiaccio.
- mi è arrivato un messaggio di telefonia. Voglio proprio cambiare gestore.
- trovare un sistema per far sì che il mio compagno di letto smetta di russare.
- andare alla montagnola e comprare completi intimi nuovi cinesi da due lire. Non è per le due lire, è che mi piace proprio il made in china. Il compagno di letto non è d’accordo, forse è per quello che russa.
- avere sempre coraggio. E’ importante. E’ importantissimo.
- lavare? pulire? lasciare stare e andare a divertirsi dopo una settimana di lavoro? ma soprattutto, votare? questa volta no. mi dispiace perché il voto è l’esercizio di un diritto-dovere e io sono una che è sempre andata a votare, ma stavolta mando tutti a cagare, perché mi sono stancata di essere presa in giro, a destra, a sinistra, in alto, in basso, fai la giravolta, falla un’altra volta, guarda in su, guarda in giù, dai un calcio a chi vuoi tu.
- la coperta estiva è davvero bella. come farò quando dovrò toglierla?
- tuttosommato è bello vivere. soprattutto quelle vite come la mia dove ogni annata è diversa dall’altra. questa è un’annata buona. tipo quelle robe del vino. sarebbe da ubriacarsi tutti i giorni…
Tags: Amici, annata buona, coccodrillo, coperta estiva, ladra, leggere, pipistrelli, racconti belli, sogni, trattati, ubriacarsi, unghie, vino
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LA CRUDELTA’ DELLE PIUME E ALTRI AMMENICOLI di PATRIZIA DE VINCENTIS
marzo 8th, 2010 Posted 13:53
Per la stagione “Così io mi esprimo” che vede protagonisti di questo blog alcuni contributi esterni di amanti della Parola e non solo, oggi è Patrizia De Vincentis a raccontarci uno sprazzo del suo mondo interiore attraverso il racconto “La crudeltà delle piume e altri ammenicoli”. Ho conosciuto Patrizia su Facebook e presto la conoscerò di persona. Non so molto di lei. Anzi, non so niente di quello che generalmente si intende come sapere delle persone. So quanto mi basta per dire che siamo amiche. So che è una gran mamma, so che è una combattiva, so che scrive benissimo. Ripeto: benissimo. So che lei, da qualche parte dentro di sè, se ne rende conto, ma so pure che spesso se ne dimentica. Oggi è la Festa delle Donne, Patrizia. E’ la nostra festa. Qui, insieme. Con le tue parole e il tuo esserci.
Quando, verso le sette del mattino, aprii la porta della sua stanza, vidi la vecchia befana, pendere dalla testiera del letto appesa per il collo al suo boa di piume di struzzo.
Se possibile, i suoi occhi erano ancor più sporgenti e mi fissavano raggelati per sempre, in un’espressione stupefatta. Brutta da viva, da morta era disgustosa. Intorno a lei, sparse sul letto, in caotico disordine, un arrembaggio di boccette colorate, profumi, ciprie e pozioni con le quali combatteva quotidianamente una guerra persa da sempre con una bellezza mai posseduta. E naturalmente, aggrovigliati, intorno a lei, decine dei suoi amatissimi boa di struzzo.
Restai qualche secondo a guardare la scena, con un’angosciante sensazione di irrealtà, poi mi riscossi ed andai a telefonare al suo medico. Non c’erano parenti che dovessero essere avvisati di questa sua strana dipartita. Il medico era la persona che mi aveva introdotto in casa della vecchiaccia, in qualità di badante. Mi conosceva da tempo, sapeva che ero una brava persona in un mare di guai finanziari e trovandomi questo impiego aveva inteso aiutarmi.
Avevo accettato questo lavoro come la manna dal cielo, non sapendo che avrei spalancato le porte dell’inferno: la signora Marilla, l’usuraia, aveva un’anima nera e una lucida malvagità, di quelle che si vedono rappresentate solo nei film noir a basso costo. Avevo provato con tutte le mie forze a sopportare la cattiveria di quella donna e, proprio quando credevo di non farcela più, la sua morte mi aveva liberato. Liberato da lei e dalla prigione che piano piano mi aveva costruito attorno.
Il dottore arrivò quasi contemporaneamente all’ ambulanza che lui stesso aveva chiamato.
Constatato il decesso dell’arpia, mi chiese se avessi per caso notato nei giorni precedenti qualche stranezza nei suoi comportamenti, che avrebbe potuto farci capire le sue intenzioni.
“ Dottore – gli risposi – lei la conosceva meglio di me. Nulla di quello che faceva sembrava normale.” Il dottore mi guardò un istante negli occhi e poi, distogliendo lo sguardo, parlando quasi a se stesso, lo sentii dire: “ Saranno stati i rimorsi…”.
Andarono via, lui, i portantini che avevano trasferito il cadavere su una lettiga, e i poliziotti intervenuti per un sopralluogo e le domande di rito.
Restata sola, vagai, distratta, nell’enorme casa vuota. Ero stanchissima. Avevo trascorso tutta la notte a frugare tra le carte della vecchia, cercando i nomi dei disgraziati a cui spremeva il sangue.
Sapevo dove nascondeva i soldi e, tolti quelli che mi avrebbero garantito una modesta ma serena esistenza, gli altri li avrei distribuiti tra le sue vittime, avendo cura di farlo in forma anonima.
Mi accasciai su una poltrona, ero davvero esausta. Con stupore osservai una piuma che lo sbuffo causato dal mio peso sul cuscino aveva fatto volare in aria. Una piccola piuma di struzzo.
Evidentemente era rimasta impigliata nei miei vestiti.
Mi venne fuori una risatina quasi allegra. Niente a che vedere con l’asmatica e laida risata della signora Marilla, l’usuraia. La notte scorsa, trovava di grande effetto comico il fatto di aver comprato tutti i miei debiti, cosa che mi avrebbe reso sua serva per tutta la vita. Mentre mi diceva queste cose, rideva, rideva…
Strangolarla con il suo boa di struzzo si rivelò molto più semplice di quanto mi sarei aspettata.
Racconto e fotografia di PATRIZIA DE VINCENTIS
Tags: ammenicoli, crudeltà, Patrizia De Vincentis, piume
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