Archive for novembre, 2009
L’isola, la posada e San Giorgio
novembre 28th, 2009 Posted 00:40
Isola di Cipro. Parte greca. Una di quelle giornate andate perse. Poi incontri uno spiazzo immenso, con al centro una chiesa. Pensi sia una cattedrale nel deserto, ma non è vero, eppure c’è troppo spazio intorno a quella chiesa, uno spazio che non si fa riempire neppure col pensiero. Fermo la macchina. Sono sul mare. Tu non lo vedi il mare nella foto, ma c’era e urlava contro il vento forte. Ho avuto l’istinto di andarmene. Poi sono entrata in chiesa e ho visto San Giorgio che uccideva il drago. Il padre di una famiglia autoctona sollevava i figli, tre e piccoli, affinché potessero baciare a turno il dipinto. Anch’io l’ho baciato perché mi sarei sentita in colpa se non avessi onorato l’usanza. Ho lasciato che alcune monete risuonassero nel vuoto delle offerte, ho accantonato il pensiero di rubare uno dei piccoli ritratti sacri lasciati incustoditi e me ne sono andata. Fuori si era messo a piovere. Il mare urlava più forte. Prima di risalire in macchina, mi sono voltata verso il portone della chiesa. Qualcuno, San Giorgio forse, l’aveva chiusa. In quel preciso istante ho avvertito un brivido corrermi lungo la schiena.
San Giorgio mi è apparso per la prima volta in Messico. Che detta così può sembrare che abbia preso un paio di funghi allucinogeni e abbia avuto le visioni. No, nessun misticismo da due soldi. Il mio racconto, senza ragione apparente, parte da una stanza lontana. Stato del Chiapas. Posada Los Angeles. Mi ammalo. Ai piedi del letto un gallone d’acqua e, appeso al soffitto, un ventilatore che pare possa cadermi sulla testa da un momento all’altro e falciarmi il cranio con le sue pale. Accetto il rischio e per forza. Non ho energia per stare in piedi. Sono sola e disperata e l’uomo che mi affitta la camera non parla la mia lingua e bussa solo per controllare che ci siano ancora le lenzuola. Teme che gliele voglia rubare. Prima o poi, penso mentre l’uomo se ne va rincuorato dall’avermi vista moribonda sulle lenzuola al loro posto, mi rialzerò e riprenderò la mia strada. E così avviene. Passa qualche giorno e, dopo avergli nascosto sotto a un buco nel pavimento la federa di un cuscino, mi rimetto in cammino da turista diventata avventuriera senza averne l’aria. E’ in una bottega, mentre guardo dei souvenir di poco conto, che mi si avvicina un vecchio rachitico che farnetica in uno strano dialetto locale. Capisco solo San Giorgio e preghiera. Interviene il negoziante che ne approfitta per fare lo spiritoso, ché in realtà vuole solo vendermi un inutile ricordo. Dice qualcosa al vecchio che si tira su la maglietta. Provo panico, per il gesto inaspettato o per quello che vedo. Non so dirlo. Sulla schiena il vecchio ha un enorme tatuaggio di San Giorgio che, mi traduce il negoziante, gli ha salvato la vita. E’ stata la prima volta, quella, che ho visto rappresentato San Giorgio. Su un corpo. E’ stata quella la prima volta in cui qualcuno mi ha parlato di San Giorgio e il drago. E’ stato quello il mio incontro con il santo.
Tags: isola, Messico, posada, San Giorgio
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La mia collana
novembre 24th, 2009 Posted 12:21
La mia collana è una canzone di Paolo Conte. E’ libertà e perline colorate.
La mia collana è confusione che riflette i cristalli
E’ l’allegria di una sbornia
La mia collana non c’entra niente ma si adatta a tutto
La mia collana è bellissima e pesa quanto una piuma. Leggera, mi solletica e mi fa ridere.
La mia collana ascolta il vento che passa e il sole che bussa
E’ la collana più bella che io abbia mai visto.
Tags: la mia collana, libertà, perline colorate
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“Le nostre rose” – piccolo omaggio a Sibilla Aleramo e Dino Campana
novembre 12th, 2009 Posted 13:32
Ho visto il film « Un viaggio chiamato amore », poi mi sono documentata sui protagonisti, Sibilla Aleramo e Dino Campana, che ebbero una travagliata relazione sentimentale, messa a nudo nelle lettere che la scrittrice e il poeta si scambiarono tra il 1916 e il 1918. La vita di Dino Campana è caratterizzata dal « male oscuro » ed è scandita da ricoveri in manicomio. Ho immaginato e ancora ho immaginato e mi sono immedesimata fino a scrivere questa pagina, questa lettera immaginaria, un libero omaggio, seppur misero me ne rendo conto, ai due grandi poeti e al loro immenso Amore. Nonostante la sua pochezza, voglio condividerla, qui, adesso, con voi…
Cercavamo le rose. Le cercavamo insieme. Erano le mie rose e le tue rose. Poi ci siamo dimenticati le rose perché non erano le nostre. Erano solo le mie e le tue rose. Chiamavamo il nostro viaggio col nome amore. Nessuno si amava come noi. Pochissimi nella storia che ci ha preceduti si amavano come noi. Sono mesi che non ho tue notizie, che non ti vedo più comparire nei pressi della casa dove vivo.
Ogni tanto avverto la tua presenza vicina. Ma sono tracce, soltanto tracce che ti nascondono alla mia presenza. Se fossi rimasta al tuo fianco, te ne saresti andato comunque presto ed io avrei perso quel poco che avevo, quel poco che mi è rimasto e spero di convertire in opere di bene. Quello che è rimasto è il frutto di quel grande amore, di quel viaggio insieme che è stato e non ha potuto essere ancora, perché di fronte alle cose troppo grandi e alle distanze troppo lunghe, avverti l’infinito e scappi per non impazzire. Ma impazzirai lo stesso, amore, perché così è scritto nel tuo destino. Siamo solo pedine in mano all’Alto anche se ci sforziamo di decidere le sorti della partita. L’abilità è una sciocca tenda da cui filtra in trasparenza la natura vera che ci compone. Carne e ossa. Si muovono per un po’ dentro a mura che noi stessi ci siamo costruiti all’intorno. Le convenzioni sociali che ci illudono di una protezione di gomma che ci fa rimbalzare riportandoci al centro dove prima eravamo. La paura è quella di non innamorarsi più perché l’intensità cieca di un sentimento incontrollabile è un pericolo che pochi possono raccontare ed è meglio che l’esperienza estatica non si ripeta. Ma la natura che ci tiene per la gola spinge a desiderare quella riproduzione di suoni e colori senza pari. Sono stata invitata ad una riunione sugli psichiatrizzati. Sento che avrò presto la possibilità di andare contro al sistema, di denunciare le falle sanitarie della salute mentale. C’è stato un giorno in cui io ho potuto scegliere. Ci sono stati giorni in cui altri non hanno potuto fare la stessa scelta e si sono ritrovati legati a letti, stretti da cinghie di cuoio. Matti. Da legare. Non chiedo mai soldi a nessuno. Mi bastano un abito liso e scarpe buone e resistenti. Per il resto so che il mio Dio, il tuo Dio, provvederà ai miei bisogni primari. La mia fede non mi abbandona, non più ed è da quella forza che ora il mio spirito trae nutrimento. Non vado a letto con nessuno, da tanto tempo. Non succede perché non amo. Dubito che potrò nuovamente amare nel senso che noi conosciamo. Quello che ci faceva cercare insieme le rose disperatamente. Quelle rose che non abbiamo potuto trovare ma che hanno permesso a me di vivere per sempre.
Ti saluto, amore mio, perché la testa è stanca e non ragiona più bene.
Sibilla
Tags: Dino Campana, lettera d'amore, omaggio, poesia, Sibilla Aleramo, un viaggio chiamato amore
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Santa Silvia (un anno dopo)
novembre 3rd, 2009 Posted 19:08
Questa mattina alle sette sono uscita per andarmi a sedere su una panca. E da seduta pensavo che i bambini si dovevano vergognare di certi loro adulti perchè mi venivano in mente, guardando certe facce adulte di uomini sofferenti ma a tempo e per finta, altre facce adulte e indistinte di uomini assassini, stupratori, pedofili, maniaci sessuali. Uno schifo dello schifo. E poi è passato lui che camminava da sfilata. E ho fatto basta di pensare a tutte le storie del mondo che sento sempre mie per uno strano scherzo del destino che mi obbliga a immedesimarmi nelle facce altrui. Un po’ come Novecento, il pianista sull’Oceano, che guarda quelli che passano sulla nave dove vive. Lui guarda le persone, le loro facce e immagina cose, vite, storie. Che poi si mette a suonare. E’ passato lui che camminava da sfilata. Il giubbotto blu con le bande arancioni e i basettoni fino a terra. Lui aveva un modo di camminare tecnico e anche la testa era riuscito a meccanizzare. Lui guardava tutti nella sala d’attesa e anche me che mi veniva da applaudire perchè il suo camminare era un entusiasmo che si notava. Poi mi sono ricordata di Santa Silvia che ero anche io, perchè tutte le Silvie, volendo, il 3 novembre sono sante da calendario. Basta ricordarselo e dirlo a qualcuno. Soprattutto se si vuole una sorpresa. E io, una sorpresa, stamattina alle sette, la volevo molto. Senti – gli ho detto – oggi è Santa Silvia, lo sapevi? Lui dice no, non lo sapevo e poi capisce che voglio una sorpresa. Lo capisce perchè lo guardo fisso con la faccia da sorpresa, quella furbo-turbo-infantile che dice tutto. Vuoi una borsa? chiede lui. Una borsa sì. Una borsa va bene, così ci posso mettere dentro le mie cose e anche qualche bambino da salvare. L’acqua calda non credo. Per quella ci vuole una borsa speciale che mi dimentico sempre di comprare. Poi siamo usciti insieme dalla sala d’aspetto e siamo andati a comprare una borsa impermeabile. Ho scelto quella impermeabile perchè stamattina pioveva e non volevo mi si rovinasse subito. Una cosa tipo i capelli quando vai dalla parrucchiera e hai la messa in piega che ti si rovina subito se si bagna. E la mia borsa nuova doveva arrivare a casa perfetta. Adesso sono qui con la mia borsa impermeabile, che oggi ho fatto tante cose e tante ne ho pensate e mi chiedo in questo stesso giorno, l’anno scorso, dov’ero. Ero sempre a Bologna, ospite in un’altra casa, che volevo comprare una birra e il motto del giorno era: “dura lex, sed lex”. E che cosa è cambiato, cosa c’è di diverso nella mia faccia? Sono cambiate tante cose, ma ancora non riesco ad accorgermene. Mi accorgo meglio delle storie che leggo in faccia alle persone che incrocio per strada. La mia faccia, io non posso leggerla, nemmeno davanti a uno specchio. Forse perchè la guardo ogni giorno e la confidenza ti tiene nascoste le cose migliori. Adesso non mi rimane altro da fare che andarmi a comprare una birra per festeggiare insieme al nonno che non c’è più a cui, ieri, ho regalato un intero servizio fotografico sulla campagna dal titolo:
“I Cachi. Principalmente”.
Tags: facce altrui, l'anno dopo, Santa Silvia
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