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Silvia Castellani

Tra l'essere e il fare, c'è di mezzo il pensare

Breve trattato sulla paura (per coloro che hanno paura, ma anche per coloro che non ne hanno. Così possono « sentire » chi ce l’ha). Parte prima : considerazioni in generale e trattative personali in corso. La seconda parte del trattato è probabile, conoscendomi, che non vedrà mai la luce

E’ una lotta impari, una guerra che non si può combattere, quella contro la paura che immobilizza i cuori e anche i pensieri. Una guerra di sole vittime dove chi vince è soltanto il senso di sconfitta e frustrazione generale. Quella paura che ogni giorno vedo negli occhi di tanti miei simili che sorridono di circostanza, ma dentro muiono. E allora è più facile coalizzarsi, foss’anche in piccoli gruppi che in realtà sono branchi perchè la logica che sta alla base e muove quell’unione di forza maggiore, è ancora la paura. Così si inizia a parlare tutti uguali, oppure modellandosi sull’esempio del più forte, di quello che si riconosce essere capo. Per paura di essere esclusi, derisi, di essere uno, soltanto, un numero. Che ha paura dell’indifferenza nei suoi confronti, chè ha osato ribellarsi all’ordine costituito dal branco e alla legge del più forte. Io, di gruppi, intorno a me, ne vedo pochi. Vedo troppi branchi, piccoli e grandi branchi che hanno paura della giungla in cui devono vivere o, peggio, sopravvivere. E io, per mia disgrazia, pur avendo paura, sono fuori dalle logiche del branco chè non ho niente da prendere e dunque da perdere. E se fosse il contrario, fingo di dimenticarmene. Non cerco consensi, quando li ho mi rammarico e mi preoccupo perchè so bene che il branco come la massa è fatale, ti eleva in cielo e ti ributta negli inferi nel tempo di un battito d’ali. La massa, il popolo, ti possono salvare o uccidere. Ti applaudono o ti fischiano a seconda del momento, di quel primissimo momento, ogni volta che ti esponi, in cui qualcuno ha urlato alla vita o, viceversa, alla morte. In quel primo momento devi avere fortuna di qualcuno che nella massa urla alla vita. Allora vivi. Altrimenti muori. E questa è la diretta. Poi, quando si dice in tv che il pubblico è intelligente, si dice una gran cazzata. Non è il pubblico ad essere intelligente. Sono le persone che fanno parte del pubblico (quello da casa, per intenderci) ad essere intelligenti. Quando devono dare il loro giudizio, e non sono in salotto con altri, ma sole, allora è lì, in quel preciso istante che devono essere coraggiose. E il coraggio, che non è mancanza assoluta di paura, ma consapevolezza che esiste qualcosa di più importante della paura) si mostra più spesso nella solitudine. Il coraggio in pubblico, ovvero in presenza d’altri, io l’ho visto così poche volte che mi bastano le dita di una mano per farne conto. E quando l’ho visto, ho avuto paura. E così, si diceva, c’è un solo attimo, quello del « voto » e se sei coraggioso, scegli davvero. Io, come « voto » me stessa ovvero, soprattutto, come valuto gli altri ? Non li « voto », non li calcolo, appunto. Poi, quando mi trovo sola ma con uno, quell’uno qualunque numero, di cui prima si diceva, lo guardo negli occhi e lo ascolto oppure lo leggo. Ma non in senso letterale. Perchè le parole possono mentire, ma l’essenza dell’individuo che si nasconde tra le righe del parlato o dello scritto, non la puoi controllare. Quella sola è la verità. E quella, se rivelata all’altro uno qualunque, potrà salvarci da tutta questa paura che ci ha invaso l’anima. Ed eccomi allora, una qualunque, abituata ad essere esclusa e derisa, non mii esimo da me. E questa paura che è nata con me, che ogni giorno andando per le strade cerco di esorcizzare, mi segue come un’antica maledizione che non se la smette di richiamarmi a sè e all’ordine costituito. Avere paura della paura.  Questo è il mio saggio destino, ma non la mia scelta di coraggio che mi porta a lottare, in ogni attimo che respiro, contro quell’ombra oscura che si diverte a fiaccarmi lo spirito. Forse, dovrei decidermi a parlarci, con questo bene minore. E forse, la soluzione non è uno e nemmeno da tre in poi, ma due che, per dirla con Erri De Luca è « il contrario di uno, della sua solitudine. Due è alleanza, filo doppio che non è spezzato ». Ecco, tuttoconsiderato, questo è esattamente quello che non volevo dire."senza un perchè" - foto di Silvia Castellani

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This entry was posted on giovedì, ottobre 1st, 2009 at 17:02 and is filed under Senza categoria. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can leave a response, or trackback from your own site.

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