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Silvia Castellani

Tra l'essere e il fare, c'è di mezzo il pensare

Forse il Vajont

Come oggi, 45 anni fa, accadde una sciagura che scosse l’Italia del primo boom economico. Un intero paese, quello di Longarone, fu letteralmente spazzato via. Il computo delle vittime ammonta a circa 2000 morti. Ma è una cifra indicativa. Nessuno sa, in realtà, quanti furono i decessi del Vajont. Forse si trattò di una tragedia annunciata, forse fu un rischio calcolato quello dell’eventuale sacrificio di Longarone e dei suoi abitanti, forse gli stessi abitanti sapevano che qualcosa di spaventoso sarebbe loro accaduto, forse se l’uomo non avesse sfidato la natura, non sarebbe successo niente di quello che successe, il cui più emblematico risvolto consiste nel fatto che oltre la metà delle tombe non ha nome. E la perdita della memoria è forse più atroce della perdita delle radici. Forse è l’unica parola che in questi casi vale la pena di scrivere. Forse.

L’IGNOTO

Voi esseri ambiziosi, ascoltate la storia dell’ignoto
che qui giace senza il segno d’una lapide.
Da ragazzo, temerario e sventato,
mentre giravo per il bosco imbracciando un fucile
vicino alla villa di Aaron Hatfield,
tirai a un falco appollaiato sulla cima
di un albero secco.
Cadde con un rantolo
ai miei piedi, l’ala spezzata.
Poi lo misi in una gabbia
dove visse molti giorni gracchiando con rabbia contro di me
quando gli offrivo il cibo.
Ogni giorno io cerco nei ragni dell’Ade
l’anima di quel falco,
per potergli offrire l’amicizia
di uno che la vita ha ferito e messo in gabbia.

Tratto da « Antologia di Spoon River » di Edgar Lee Masters

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This entry was posted on giovedì, ottobre 9th, 2008 at 14:39 and is filed under Senza categoria. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can leave a response, or trackback from your own site.

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